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Blog Itinerari Latomistici

Il Tempio di Minerva Medica a Montefoscoli uno scrigno Massonico

Nel 1821, su di uno sperduto colle prossimo alla valle del fiume Era, in un bosco di lecci, si iniziava la costruzione di uno straordinario complesso architettonico voluto dal medico e massone il Fratello Andrea Vaccà Berlinghieri∴ e progettato dall’architetto anch’egli Fratello Ridolfo Castinelli∴; in tre anni veniva innalzato un Tempio, dedicato a Minerva Medica, realizzato in cotto rosso, il suo prospetto esemplato sulle forme del tempio di Agrippa a Roma; al piano terra, un vestibolo e una sala semicircolare coronata da una volta ipetra; nei due livelli successivi, collegati da una scala coclidea, una serie di ambienti piccoli e grandi; nei pressi del Tempio veniva edificato un palazzo. Compiuta l’opera, gli interni, già riccamente decorati per gli stucchi e le pitture murali, vennero ulteriormente impreziositi da tendaggi di seta e mobilio e nella sala del Tempio venne collocato un grande luminare di alabastro. Le motivazioni di un così grande impegno progettuale e finanziario vennero affidate alle parole incise sopra il portale di ingresso; l’epigrafe recita: A MINERVA MEDICA E ALL’ONORATA MEMORIA DI FRANCESCO VACCA’ BERLINGHIERI ANDREA FIGLIO E DISCEPOLO ERIGE E DEDICA A. MDCCCXXXIII.
Nel 1826, ad appena tre anni dall’inaugurazione, gli occhi di Andrea Vaccà Berlinghieri si chiudevano per sempre alla luce del mondo. Nella sua villa di Orzignano, presso i Bagni di Pisa, aveva cercato di resistere ad una infezione e forse, in quei giorni di disperata lotta contro il male, avrà sperato di rivedere, anche soltanto per una volta, quel complesso meraviglioso che aveva creato. Passarono gli anni. Il 14 agosto 1846 un violento terremoto colpì la zona delle colline pisane, il Tempio venne danneggiato, e vari danni riportò anche il palazzo che se ne stava desolatamente vuoto in mezzo alla boscaglia visto che la famiglia, quando passava la villeggiatura a Montefoscoli, continuava a risiedere nel grande e comodo palazzo fattoria che sorge nel paese. Si decise dunque per lo smontaggio del palazzo che così scomparve; rimase il Tempio, luogo ameno per qualche merenda familiare. Passarono gli anni ed i decenni. In paese si favoleggiava che i Vaccà avessero costruito questo Tempio per allegri festini da consumare, con discrezione, fuori della portata degli occhi dei villici ma c’era anche chi intimava ai bambini di non avvicinarsi al Tempio quasi fosse, questo, un luogo popolato da oscure presenze.
A centottanta anni dall’inaugurazione, risalivo per la prima volta il viale che attraversa il bosco sacro e mi si presentava di fronte la meravigliosa visione di una costruzione filosofica, il cui sigillo è l’occhio al centro del frontone, chiuso nel triangolo del sima e dei geison. Grande l’emozione nel varcare la soglia e trovarsi di fronte le due Colonne che segnano il passaggio dal vestibolo alla sala semicircolare al culmine della quale, al mezzodì, è collocato un altare marmoreo.


Tutto, intorno, sembrava parlare un linguaggio familiare agli Iniziati, il linguaggio simbolico: i cinque gradini per salire al colonnato che rappresentano la conoscenza del mondo sensibile attraverso i cinque sensi, bagaglio necessario per chi volesse indagare i misteri dell’Universo, le otto colonne che con il loro stile ionico si legano al grado di Maestro e con il loro numero segnano il confine tra il mondo finito e quello infinito, tra quello materiale e quello Spirituale, tra la caducità e l’eternità; il tessuto murario a opus reticolatum, i cui elementi costruttivi sembrano alludere alla Pietra Cubica con la quale si può edificare il Tempio della Perfezione; i due battenti bronzei del portale, modellati a forma di Uroboros, che alludono al grande Mistero che il Tempio racchiude ovvero la conoscenza e la conformità a quella Legge alla quale sono soggetti qualsiasi creatura e l’universo tutto; lo spazio propriamente dedicato a Minerva, dove le protomi della dea abbondano, ovvero il vestibolo quadrangolare: la Terra; qui quattro candelabre dipinte sulle pareti alludono ai quattro punti cardinali e alle quattro virtù cardinali riferimento per l’uomo nella dimensione della sua vita pubblica e familiare; le due Colonne d’Ercole che segnano il confine tra la Terra e l’infinito, un confine che pochi hanno avuto il coraggio di valicare per sete di conoscenza e di progresso e anche per il desiderio di evadere dagli stretti confini della vita materiale, colonne che sono anche i due pilastri del Tempio del re Salomone, colonne dei Templi Massonici, quella degli Apprendisti e quella dei Compagni, varcate da tutti coloro che hanno sete di luce e di conoscenza trascendentale. Il pavimento a mosaico decorato con sette tralci di Acacia che culminano in otto corone di alloro dove erano le sedute di coloro che qui si dovevano riunire, inframezzati da dischi che rappresentano un idria, vaso monoansato per l’acqua, segnaposto per un grado inferiore; qui stavano Fratelli come vasi vuoti in attesa di essere colmati dalla conoscenza o meglio, come vasi di pura acqua che è in attesa di essere mutata in ottimo vino. Sette corone di allore, pianta sacra al dio Apollo, sette fiamme nel Tempio, sette Maestri: sei patres e un pater patrum come nei Mitrei? E, ancora, quel pavimento che visto dall’alto è così simile alla coda del pavone, animale simbolo dell’Eternità ma, anche, per quei sette tralci coronati da sette fiamme, così simile alla Menorah, l’Albero della Vita che si trovava nel paradiso terrestre, la vita intesa quindi come Zoe e non come Bios. Infine, a coronare il tutto, la Volta Stellata, il Firmamento, non il solito cielo con le stelle a cinque punte che si trova in tutte le Logge, bensì un luminoso cielo di stelle a sei punte, la stella di Davide, il Sigillo di Salomone e, ovunque una quantità di serpenti, simbolo della Zoe, la potenza vitale immessa dalla Divinità nel creato e tantissime farfalle a significare il meraviglioso processo di metamorfosi che doveva avvenire all’interno, in quella sala illuminata dal Sole dall’alba al Tramonto con la sua Luce che al mezzodì filtra dal semiocchio ed avvolge colui che siede nell’arcosolio; alla mezzanotte è la luce della Luna, della grande dea, madre e maga Iside a filtrare attraverso il semiocchio: il tutto è concepito affinché il Maestro Venerabile incorpori la Luce e la restituisca in forma di Parola, potentemente amplificata dalla volta, affinché questa Parola produca quella magica trasformazione di esseri imperfetti, ancora striscianti sul terreno, in esseri sublimati, angelicati, in grado di innalzarsi verso l’alto, verso la Divinità. Ecco il grande miracolo alchemico della mutazione del piombo in oro prodotto dall’energia racchiusa nella Quintessenza del Divino, la quale consiste di Verbo e di Luce e che qui viene mediata da un Maestro che in questa sua dimensione di medium tra l’Umano e il Divino si fa invisibile: seduto lassù può essere soltanto udito ma non visto da quanti siedono nell’aula; il velo dipinto sulla parete alle sue spalle allude sia al velario che rendeva invisibile Pitagora ai suoi allievi nello svolgimento del suo magistero, sia al velo che dava accesso al Santo dei Santi nel Tempio di Salomone e che soltanto il Gran Sacerdote poteva attraversare e, in effetti, al di là di quella parete si trova la sala dell’Occhio, sede della Divina Sapienza.
Ecco un insieme suggestivo, nei suoi elementi, che si rivela somme Verità, come un rebus nel quale si intrecciano le più svariate situazioni simboliche: la Loggia, il Tempio di Salomone, il Mitreo, il teatro che rimanda alla funzione non soltanto ludica ma anche sacrale e terapeutica del teatro di Epidauro. Il tutto protetto all’esterno da simboli apotropaici come le teste delle gorgoni, le civette, le protomi di Minerva con l’elmo innalzato che irradiano la potente luce della dea in grado di incenerire gli uomini, nonché munito di un dispositivo di difesa concreta: la cella per il Fratello Copritore, dotata di un pertugio che si apre nel paramento del Tempio ed è poco visibile dall’esterno; questa finestrella a losanga permetteva di osservare chi si avvicinava alla porta o sostava nel colonnato grazie ad un prisma; colui che sedeva in questa cella aveva la possibilità di suonare la campana per dare l’allarme ai Fratelli.

[Medaglia commemorativa dell’architetto Massone Fr∴ Ridolfo Castinelli∴ che progettò il Tempio dedicato a Minerva Medica]

Da quel giorno in cui per la prima volta salii al Tempio è iniziata un’avventura straordinaria: in occasione di ogni luna piena una processione di profani e di Iniziati muniti di lanterne lascia il paese di Montefoscoli per raggiungere il bosco sacro, salire al Tempio per il viale illuminato, fermarsi ad ascoltare, prima di fronte alla costruzione il cui cotto rosso si accende per le fiamme delle torce e poi all’interno, fino a raggiungere il culmine. Tutte le notti di luna piena, in ogni stagione dell’anno, talvolta anche per due o tre notti intorno al plenilunio, il Tempio, questa incredibile macchina di simboli, risplende, si anima, infiamma, stupisce, affascina, innamora, i suoi simboli “funzionano” e risvegliano. A duecento anni di distanza i visitatori rivivono quei momenti lontani e scoprono la verità sul Tempio: l’anno in cui la sua prima pietra fu posta sembrava il più oscuro, sembrava segnare il ritorno dei più cupi incubi del passato: la superstizione, la prevaricazione dei pochi sui molti dominavano l’Europa, né più risplendeva la Luce Massonica a consolare il cuore dei giusti, la Massoneria era ormai fuori legge; in quell’oscurità, però, covava il fuoco della rivoluzione carbonara. Andrea Vaccà Berlinghieri, definito dalle spie della polizia “capo della Massoneria in Toscana, capo della Carboneria in Toscana”, novello Salomone delle Colline Pisane, candidatosi a governare il suo popolo con saggezza, insieme al suo fido architetto Hiram, impersonato dal giovane Ridolfo Castinelli, procedeva alla realizzazione di quel Tempio che già suo padre Francesco, proprio come era accaduto al re Davide, aveva immaginato di costruire, il Tempio dedicato al dio unico e solo: il Dio Sole; il Tempio di Montefoscoli venne affiancato da un palazzo, proprio come a Gerusalemme il palazzo di Salomone era collocato in prossimità del Tempio; qui il nostro palazzo doveva assolvere alla funzione di foresteria, destinata ad ospitare, nelle sue due ali, la comunità di uomini e donne iniziati. Così Andrea aveva realizzato un’Officina ben nascosta nell’amena campagna della colline pisane, difficilmente raggiungibile dalle spie della polizia, nella quale i Sublimi Maestri Perfetti, propagatori del Verbo del Fratello Massone Filippo Buonarroti∴, potessero lavorare come operoso sciame al grande progetto: la realizzazione di un’Italia unita, libera dallo straniero, repubblicana e democratica nonché ad altri progetti di rivoluzione in tutta Europa e nel mondo.

[Ritratto del Massone Fr∴Filippo Buonarroti∴, olio su tela del pittore Antonio Maria Fascetti]

L’intensa preparazione Spirituale e la proiezione verso il trascendente che si praticavano nell’Officina erano, nella concezione politica di questi Signori, gli Elementi indispensabili per preparare l’individuo desideroso di intraprendere la lotta contro i mali del mondo ad affrontare, con coraggio e determinazione, le inaudite sofferenze che questa scelta poteva implicare: il tradimento, l’arresto, la tortura, la morte. Infine, se mai i cospiratori fossero riusciti a realizzare il loro progetto, la forte tempra, acquisita nel processo di Elevazione Spirituale e rafforzamento della Virtù, sarebbe stata per loro indispensabile per resistere un nemico ancor più pericoloso, insito nell’uomo, la brama del potere e della ricchezza.
[Ritratto del Massone Fr∴ Filippo Buonarroti∴, olio su tela del pittore Antonio Maria Fascetti]

 

Ho detto.
Fr∴ Giovanni Ranieri Fascetti Sismondi∴
Autore del volume, Sigillum Salomonis, simbolica esoterica del Tempio di Minerva Medica a Montefoscoli, C.L.D., Pontedera 2008


Bibliografia essenziale

Emilio Tolaini, Forma Pisarum, Nistri Lischi, Pisa 1979
Fabio Lazzereschi, Il Tempio di Minerva Medica, C.L.D., Pontedera 2005
Giovanni Ranieri Fascetti, Sigillum Salomonis, simbolica esoterica del Tempio di Minerva Medica a Montefoscoli, C.L.D., Pontedera 2008
Chiara Blanco, L’anima-farfalla, studio sul Tempio di Minerva Medica a Montefoscoli e analisi della simbologia, ETS, Pisa 2012

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GRAN LOGGIA PHOENIX degli A.·.L.·.A.·.M.·.

Gran Maestro

Il Ser.·.mo Fr.·. Domenico Vittorio Ripa Montesano.·. è nato in un'antica Famiglia con ininterrotti Tramandi Iniziatici e Massonici, giunti alla quarta generazione. Iniziato all’Arte Reale in giovanissima età, ha ricoperto ruoli apicali nell’Istituzione rivestendo prestigiosi crescenti incarichi, che lo hanno portato oltre un decennio fa a giungere al Grande Magistero. Attivo in numerosi Cenacoli Iniziatici Nazionali ed Internazionali, con l’unanime supporto dei Fratelli, Governa dalla sua Fondazione la Gran Loggia Phoenix degli A.·.L.·.A.·.M.·. Scrittore, Saggista e relatore in numerosi convegni nazionali, è autore di molteplici pubblicazioni e studi esegetici sui Rituali della Massoneria degli A.·.L.·.A.·.M.·. . Cura la Collana "Quaderni di Loggia" per la Casa Editrice Gran Loggia Phoenix® da lui Diretta.

Facta non Verba

"FACTA NON VERBA" è la Divisa* della Gran Loggia Phoenix degli A.·.L.·.A.·.M.·. ed esprime sintetizzandolo un aspetto fondamentale della Nostra Filosofia di Vita, che diviene un abito mentale da riverberare positivamente anche una volta usciti fuori dalle Colonne.


* E’ il Motto tracciato su un cartiglio. Nel Nostro Stemma Araldico in lettere Azzurre su nastro d’Oro, incorniciato e sorretto da due rami di Acacia. Esprime in maniera allegorica pensieri o sentenze, definite anche imprese araldiche. Nella Tradizione dell’aspilogia sono costituite di corpo (figura) e anima (parole).