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Blog Itinerari Latomistici

PICCOLA RIFLESSIONE SULL’AFFRESCO DI RAFFAELLO DETTO “LA SCUOLA DI ATENE”

Nell’anniversario, in più parti celebrato, dei 500 anni della morte di Raffaello Sanzio da Urbino, il prossimo 6 aprile 2020, in un momento di maggiore interesse dell’arte reale, desidero sottolineare alcune particolarità di tale opera.

Una attenta osservazione dell’affresco mi ha suscitato un incredibile parallelismo con le Sephirot della cabala.

Per dovere di chiarezza nella comunicazione, devo ricordare l’albero delle Sephirot, descritto nello Zoar (libro del genesi ebraica), come manifestazione del Dio unico (Ein Sof) le cui emanazioni generano prima Keter, ossia equilibrio raffigurato dalla bilancia (Metaquela), Binah (l’intelligenza procreatrice), ed Hockmah (la saggezza, il verbo, il logos).

Curiosamente le uniche immagine con questa interpretazione sono il Giano bifronte, con il viso greco per la saggezza e il viso arabo per la conoscenza, mentre nel mondo post cristiano troviamo la colomba che scende con le ali spiegate parallele, rappresentata oltre che nella cappella Sistina, anche in molte immagini che si riferiscono alla Madonna, (la possiamo osservare anche nell’icona della Madonna del Divino Amore). La colomba è rappresentata come Spirito Santo, ossia il logos, (così come raffigurata nelle Basilica di San Pietro dietro l’Altare della Cattedra).

Nell’affresco, Platone e Aristotele sono al centro dell’immagine, si ergono sopra un pavimento a quadrati come se si trattasse di un tempio nel quale troneggiano l’immagine della Minerva e di un Apollo dall’altra parte: la saggezza e la forza sembrerebbero far intuire che lo stesso Raffaello possa aver attribuito a Platone il ruolo della saggezza (Hockmah), il verbo, il logos, mentre guarda Aristotele che rappresenta l’intelligenza (Binah), regge in mano il libro dell’etica in riferimento al libro VI della metafisica dove descrive la classificazione delle scienze in “scienze pratiche e poietiche” che riguardano le tecniche di riproduzione degli oggetti, mentre lascia alle scienze teoretiche la matematica, la filosofia prima o metafisica, cioè lo studio dell’essere in quanto essere. Probabilmente atto dovuto in quanto a diciassette anni viene accolto nell’accademia platonica: per questo è più chiara la divisione tra filosofi e scienze applicative.

Platone ha il viso di Leonardo da Vinci, con la mano destra che indica il cielo e nella mano sinistra regge il suo libro, il Timeo, dall’altra Aristotele (Bastiano da sangallo) con la mano destra verso la terra che indica l’importanza delle scienze e quindi l’intelligenza (Binah), e quindi il generatore delle arti pratiche e poietiche, nella mano sinistra il libro dell’etica.

Per inciso Platone nasce cento anni dopo Anassimandro, il quale concepisce il principio primo nell’Apeiron, un processo di differenziazione per progressiva separazione ed opposizione dei contrari. Ciò che nasce deve perire ritornando nel tutto indistinto da dove verrà nuovamente generato, in un processo ciclico di costruzione e formazione di mondi: tale concezione curiosamente quasi contemporanea alla nascita della setta religiosa di Pitagora. Tale particolarità ci richiama al concetto della reintegrazione degli esseri di Martinez de Pasqualì, e curiosamente alla teoria della relatività di Einstein.

Dal lato di Platone (Leonardo da Vinci) vediamo numerosi filosofi ai quali viene aggiunto, dopo il bozzetto su cartone conservato a Milano, anche Eraclito con il volto di Michelangelo, poggiato su una pietra cubica e quindi dal lato giusto rispetto ad un tempio, come se la pietra cubica fosse la realizzazione della ricerca della pietra filosofale, potrebbe essere la migliore interpretazione di Hod (la gloria). Questa aggiunta potrebbe essere stata fatta dopo che Raffaello visitò la Cappella Sistina.

In basso a sinistra vediamo Pitagora che scrive su uno dei suoi trentatré libri con un giovanetto piegato davanti che mostra una lavagna nella quale è rappresentata in basso una tetrarkis, simbolo del triangolo perfetto, generato dai primi quattro numeri, vale a dire il quaternario, e sopra la teoria del parallelismo tra note musicali e matematica.

Alle spalle di Pitagora si nota una figura con la veste bianca da molti riferita ad Ipazia, con il viso di Francesco Maria della Rovere nipote di Giulio II, (committente dell’affresco, uomo di eccellenti qualità culturali che probabilmente partecipò nella definizione dei personaggi dell’affresco stesso). Ipazia, insieme all’immagine di Raffaello che si trova sull’altro versante, sono le due uniche figure che guardano lo spettatore, Ipazia potrebbe essere Hésed (la misericordia).

Alle spalle di Pitagora notiamo anche Amenoè, filosofo islamico, mentre sul piano dell’oriente intuiamo Socrate, con tonaca verde, che parla a teologi suoi discenti.

Dall’altro lato, sulla destra dell’immagine, notiamo Plotino, con tonaca rossa, che con la mano sinistra indica in basso verso Zoroastro che ha in mano la sfera celeste, mentre di fronte ha Tolomeo con la sfera terrestre. A fianco dei due si intravede Raffaello che guarda nella stessa direzione di Ipazia. Al di sotto di questo gruppo Euclide che con un compasso disegna su una tavola figure geometriche, probabilmente interprete di Nétzah (la vittoria della forza scientifica). Il viso di Euclide sembra essere quello di Bramante che sul collo della tunica reca la firma dell’autore: RVSM (Raffaello Urbinate Sua Manu), mentre il vero Massone di tutta l’immagine è Diogene seminudo sulle scale con una semplice ciotola al fianco, figura direi anarchica all’interno del tempio, uomo del dubbio, il bussante.

Cinque sono i gradini che sorreggono il luogo della cattedra e quindi in conclusione direi che Diogene potrebbe rappresentare Yesod.

Numerose altre sono le figure già ampiamente descritte da esperti dell’arte di Raffaello.

L’affresco occupa il lato occidentale della Stanza della Segnatura, mentre di fronte, ad Est, esiste l’affresco teologico (il trionfo dell’Eucarestia).

A parer mio la prima espressione grafica del conflitto tra fede e ragione così importante da essere stato trattato anche da Papa Giovanni Paolo II, nell’enciclica “Fides et ratio”, chissà se proprio suggerita dalla presenza di questo affresco all’interno del Palazzo Apostolico.

Concludo invito a godere con attenzione questo affresco e quando sarà possibile visitarlo fisicamente con i suoi otto metri per cinque.

 

Gran Maestro

Il Ser.·.mo Fr.·. Domenico Vittorio Ripa Montesano.·. è nato in un'antica Famiglia con ininterrotti Tramandi Iniziatici e Massonici, giunti alla quarta generazione. Iniziato all’Arte Reale in giovanissima età, ha ricoperto ruoli apicali nell’Istituzione rivestendo prestigiosi crescenti incarichi, che lo hanno portato oltre un decennio fa a giungere al Grande Magistero. Attivo in numerosi Cenacoli Iniziatici Nazionali ed Internazionali, con l’unanime supporto dei Fratelli, Governa dalla sua Fondazione la Gran Loggia Phoenix degli A.·.L.·.A.·.M.·. Scrittore, Saggista e relatore in numerosi convegni nazionali, è autore di molteplici pubblicazioni e studi esegetici sui Rituali della Massoneria degli A.·.L.·.A.·.M.·. . Cura la Collana "Quaderni di Loggia" per la Casa Editrice Gran Loggia Phoenix® da lui Diretta.

Facta non Verba

"FACTA NON VERBA" è la Divisa* della Gran Loggia Phoenix degli A.·.L.·.A.·.M.·. ed esprime sintetizzandolo un aspetto fondamentale della Nostra Filosofia di Vita, che diviene un abito mentale da riverberare positivamente anche una volta usciti fuori dalle Colonne.


* E’ il Motto tracciato su un cartiglio. Nel Nostro Stemma Araldico in lettere Azzurre su nastro d’Oro, incorniciato e sorretto da due rami di Acacia. Esprime in maniera allegorica pensieri o sentenze, definite anche imprese araldiche. Nella Tradizione dell’aspilogia sono costituite di corpo (figura) e anima (parole).