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Blog Itinerari Latomistici

La Basilica Neopitagorica di Roma – il destino dell’anima ed i segreti delle iniziazione ai Misteri

Roma Caput Mundi, non ostante tutto quanto stiano cercando di farle resta pur sempre la Città Eterna, con il suo fascino, la sua immensità, la sua millenaria storia che ancora riesce a donarci posti velati, inusitati ed ascosi tuttora ricchi di grande fascino e sovente ancora silenti e poco noti al grande pubblico.

A Porta Maggiore celata agli occhi dei più, sul Piazzale Labicano fra l’antica via Praenestina e via dello Scalo San Lorenzo vi è la Basilica sotterranea neopitagorica, unica al mondo, per secoli rimasta nascosta con i suoi affascinanti enigmi legati ai culti misterici. Venuta casualmente alla Luce poco più di un secolo fa nel 1917, in seguito al cedimento di un terreno dovuto al collassamento di una volta durante i lavori di realizzazione della linea ferroviaria Roma Napoli, che ancora transita al di sopra dell’antico complesso romano. Le Ferrovie eseguirono lavori di scavo per comprendere le cause del crollo e scoprirono il complesso neopitagorico, che venne alla luce grazie ad i primi lavori di restauro che comportarono lo svuotamento del terreno che copriva l’intera struttura.

Differentemente dalle comuni Basiliche, questa di Porta Maggiore non fu creata in superficie come un Tempio, ma in virtù della sua stessa natura Ermetica realizzata per essere sotterranea, come i suoi saperi da sempre trasmessi dalla Bocca all’Orecchio e mai tracciati lungo i secoli. Il fatto di apparire celata pertanto non è dovuto ad una progressiva stratificazione del territorio, ma ad una precisa volontà progettuale che rispecchiava in toto la natura misteriosofica alla quale era votato l’edificio.[1]

La particolare tecnica costruttiva, pare sia stata realizzata scavando sotterraneamente nel tufo i profili delle mura portanti e delle Colonne, nell’interno delle quali a seguire fu colato dell’aggregato di calcestruzzo con schegge di selce, che dopo il suo consolidamento permise la creazione di una voluminosa volta, che recava un’apertura apicale. Le cèntine per gli archi ed i pilastri, furono poggiate direttamente sul terreno. Successivamente i lavori si completarono con un progressivo svuotamento del terreno interno, che consentirono la realizzazione di una struttura a tre navate con abside centrale che misura circa 12 metri di lunghezza, 9 di larghezza e 7 di altezza.

La struttura neopitagorica vedeva l’accesso indotto da un lungo dromos in falsopiano che dopo aver svoltato ad angolo retto, degradando immetteva in un vestibolo mediano quadrangolare con volta a padiglione, illuminato dal traforo di un esteso lucernario che richiamava nella sua forma la planimetria della camera principale adiacente di tipo basilicale, ove attorno sull’ampia volta, ancora appare la preziosa decorazione di stucchi dipinti raffiguranti scene mitologiche. Da qui si entra nella grande aula con abside sul fondo, sorretta da 6 grandi pilastri in tre navate coperte con volte a botte, che immettono nell’ambiente ornato con pavimento in mosaico bianco e nero.

Questa Basilica neopitagorica benché poco nota, custodisce fra il più vasto insieme di bassorilievi in stucco di epoca romana giunto sino ai nostri giorni. Fu oggetto sin dalla sua scoperta di un significativo interesse fra gli addetti ai lavori, il mondo accademico ed una certa parte di pubblico particolarmente attratto dall’Esoterismo e dagli studi simbolici. [2] Innegabilmente appare un ricco simbolismo negli stucchi che ritraggono palesi riferimenti ai miti ed ai misteri relativi alla metempsicosi che alcuni studiosi hanno voluto intendere come una continuazione nell’Urbe di una Tradizione Neopitagorica che giungeva a Roma direttamente da Alessandria in Egitto e dall’aria del Golfo di Napolis. Sul fondo della navata centrale sono visibili i rilievi maestosi dell’abside, lo spazio che era destinato al Sacerdote officiante mostrano ancora ben conservati immagini che rimandano ai riti misterici di purificazione completati dai riferimenti mitologici e specificatamente Ermetici dei preziosi stucchi che ricoprono le volte delle navate. Nel mezzo era disposta una cathedra della quale vi sono ancora tracce nel suo basamento. Durante gli scavi furono rinvenuti elementi di culto che riportavano ai sacrifici rituali.[3]

La parte antistante della Basilica neopitagorica traeva la sua luce da un pertugio posto all’apice dell’ingresso nel muro che separava lo spazio sacro dal vestibolo, che ancora riceveva la luce diretta, mentre lasciando il pronao, l’illuminazione era garantita da alcune lampade rituali sorrette da fasce di metallo che venivano alloggiate sotto gli archi fra i pilastri, per illuminare le navate laterali delle quali vi è ancora traccia.

Molti elementi confermano ampiamente la chiave di lettura che non si trattasse di un luogo di culto di una delle tante religioni praticate in Roma, ma che fosse una struttura nata per celebrare culti misterici. La natura dei suoi affreschi, le scene mitologiche riportate negli stucchi, la voluta ed espressa scelta di edificarla in un luogo sotterraneo al pari di altri luoghi destinati a culti misteriosofici quali i mitrei, ne connotava la sua natura magico-esoterica. Questo lascia con cognizione di causa ritenerlo un Tempio neopitagorico utilizzato dalla comunità ermetica romana, che gravitava sotto l’egida della potente Gens Statilia, che proprio in quella zona di Porta Maggiore e sulla via Prenestina avevano ampi possedimenti[4]. Proprio nel periodo storico che andava dai tempi di Augusto fino a Nerone, in quell’area a circa 200 metri dalla Basilica, sorgeva il sepolcreto dei servi liberti della casa degli Statili, ove venne rinvenuta un’urna in marmo greco di buona fattura (trasferita al Museo delle Terme) con raffigurazioni relative ai “Misteri di Eleusi” e tracce che riconducevano ad un servo della famiglia che portava l’inconsueto nome “Mystes” (iniziato ai misteri).

Pare che la Basilica non fu realizzata da Tito Statilio Sauro collaboratore stretto dello stesso Augusto e console nell’11 d.C., ma come altri studiosi con maggiore esattezza invece attribuiscono la sua costruzione a Tito Statilio Tauro[5], pronipote del precedente. La motivazione che lascia ritenere più plausibile questa seconda tesi è dovuta ad una vicenda storica che risente il respiro della congiura ordita da Agrippina[6], madre di Nerone nel 53 d.C. la quale per motivi di tornaconto personale e politico lo attaccò pubblicamente accusandolo di praticare arti magiche. In verità come sovente è accaduto ed ancora oggi accade, l’appartenere a gruppi Esoterici non è facilmente conciliabile con la vita politica e non lascia intendere ai più l’importanza di una crescita spirituale che è indispensabile per coloro i quali sono chiamati a governare la cosa pubblica. Tito Statilio Tauro era un uomo politico influente e ricco e raggiunse l’alta carica di Console nel 44 d.c. . Tacito nei suoi Annales, ci tramanda facendo giungere sino ai nostri giorni la parva natura dell’accusa mossa da Agrippina Minore[7], la quale donna potente non solo per aver dato i natali a Nerone, ma anche per essere la Moglie dell’Imperatore Claudio, per il bieco e materiale interesse di entrare in possesso degli Horti Tauriniani un prestigioso, ampio e storico possedimento della Gens Statilia. [8] Pur di raggiungere il suo bieco personale interesse, forte del suo solidissimo potere familiare e personale, ardì una vile congiura ai danni di Tito Statilio Tauro. Lo fece accusare di magicae superstitiones, che negli atti di accusa furono definite exitiabilis superstitio.[9] Questa accusa infatti ebbe come effetto immediato, esattamente ciò che Agrippina Minore voleva, la confisca dei possedimenti della Gens Statilia da lei fatti requisire ed annessi al demanio imperiale.[10]

Il clima politico intorno a Tito Statilio Tauro divenne torrido, privato dei suoi beni, della sua dignità e del suo potere, per non dover subire anche l’onta di un processo dalla sentenza Senatoria già inequivocabilmente tracciata in cui proditoriamente era stato trascinato con l’accusa di praticare la magia, si tolse la vita nel 55 d.C., lasciando alla memoria dei posteri il ricordo della sua nobile figura, che come altri quali Bruno e Campanella, pagarono con la vita o con la prigionia, l’amore per l’Ermetismo e per gli studi che aprono la mente ed il cuore alla palingenesi. Le cronache del tempo ci narrano che l’aristocratico romano profondo conoscitore di dottrine riguardanti la metempsicosi, [11]era fortemente attratto da pratiche Ermetiche e dai rituali magici, appresi in occasione del suo lungo proconsolato in Africa, terra come è noto (e come ci tramandano anche Apuleio nell’Asino d’Oro o Petronio nel Satyricon) di forti influenze esoteriche, che gli erano anche pervenute per via di più antichi precetti pitagorici, dei quali ne era cultore.

La sua morte e le tristi vicende che ne derivarono a seguire comportarono la distruzione della Basilica, la quale a pochi anni dalla sua edificazione non ostante fosse maestosa ed artisticamente importante fu resa impraticabile impedendone il culto. Fu de facto inibito l’accesso provocando volutamente il collasso della struttura all’altezza della volta del corridoio di ingresso e colmando il vestibolo di terra attraverso il lucernario, così come infatti è pervenuta fino ai nostri giorni, il che ha comunque preservato gli importanti manufatti artistici. Occorre pertanto comprendere se la Basilica fu completamente interrata ed occultata per volere delle autorità, come se fosse una damnatio memoriae, o diversamente fu il frutto di una scelta voluta dal suo fautore, che passando volutamente aldilà del Velo per scelta deliberata, desiderò portare con se i segreti di questi culti misterici, dei quali a quanto pare avendo un ruolo apicale in quella comunità Ermetica, ne doveva essere il custode. Lascia riflettere a conferma di ciò, che prima dell’interramento sono stati divelti gli altari sacri che si trovavano nella navata centrale, dei quali ad oggi è rimasto solo il profilo del podio dal quale si ergevano, unitamente ad altri basamenti sagomati sorti per ospitare oggetti di culto, rimasti visibilmente vuoti. Ciò lascerebbe pensare ad un tentativo di spostare altrove elementi rituali e cerimoniali ed arredi di culto posti in salvo dagli adepti, al fine di poter perpetrare aspetti Rituali a venire in altro luogo, meno oggetto dell’attenzione profana.

Questa persecuzione, abbiamo visto ebbe motivi di mero interesse materiale, ma sicuramente avrà fatto presa sull’ignoranza di quanti misconoscendo la valenza del pensiero spirituale ed esoterico, pur di accaparrarsi beni e possedimenti, cavalcarono l’onda vessatoria, che nei millenni costantemente ha attraversato roghi, persecuzioni, totalitarismi e persino nei regimi democratici, sovente ancora oggi fa capolino fra quanti non hanno eccessiva dimestichezza con la cultura e misconoscono il pensiero classico, gli studi filosofici e l’importanza del pensiero libero che anche se in apparente in contraddizione, sovente nasce da insegnamenti esoterici e studi legati al simbolismo ed alla Tradizione.

Dopo numerosi interventi dalla sua scoperta, nel 2015 parte della Basilica neopitagorica è stata ulteriormente restaurata risanando anche la​ statica dell’edificio, ponendo pertanto un argine alle infiltrazioni d’acqua ed al crescente inquinamento biologico. Ad oggi i lavori proseguono con i ridotti finanziamenti ordinari della soprintendenza, in attesa di sponsor privati e mecenati illuminati.

 

 

 

 

La Basilica Neoplatonica sotterranea di Roma è ora visitabile, per il momento, soltanto la prima e la quarta domenica di ogni mese ed possibile prenotare chiamando il numero 06/39967700, dal lunedì al venerdì 09.00 – 17,00 ed il sabato 9,00 – 14,00.

 

 

 

 

 

Note

[1] F. CUMONT, La basilique souterraine de la Porte Majeure in “Revue Archéologique”, 1918, pp. 51-73; La basilique souterraine découverte près de la Porta Maggiore, à Rome, in “Comptes rendus des séances de l’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres”, vol. 62, no4,‎ 1918, p. 272-275

[2] J. CARCOPINO, Études romaines. La basilique pythagoricienne de la Porte Majeure, L’Artisan du livre, Paris 1927 (ristampa 1943)

[3] Domizia Lanzetta, Roma orfica e dionisiaca nella Basilica “pitagorica” di Porta Maggiore, Roma, Simmetria, 2007, ISBN 978-88-87615-42-5.

[4]Pierre Grimal, Les Horti Tauriani. Étude topographique sur la Région de la Porte Majeure, in Mélanges d’archéologie et d’histoire, vol. 53, nº 1, 1936, pp. 250-286

[5] Tacito, Annales XII, 59.

[6] Console nell’anno 44, proconsole in Africa nel 51-53, fu accusato di pratiche magiche da Agrippina. Fu confiscato di tutti i beni e della proprietà terriera. “Vitae suae attulit ante sententiam senatus” (Tacito, Annales, XII, 59). Tito Statilio Tauro IV era figlio di Tito Statilio Tauro III e di Valeria Messalla, dunque nipote in linea materna di Marco Valerio Messalla Corvino. Fratello di Tito Statilio Tauro Corvino (console nel 45) era perciò zio di Statilia Messalina, terza moglie di Nerone.

[7] Agrippina era figlia di Agrippina maggiore e del generale Germanico Giulio Cesare – Svetonio, Gaio Cesare, IV.

[8] Samuel Ball Platner, Thomas Ashby, s.v. Horti Tauriani, in A Topographical Dictionary of Ancient Rome, London, Oxford University Press, 1929, p. 272.

[9] Tacito, Annales XII, 59. Statilio Tauro fu accusato di repetundae e magicae superstitiones.

[10]Gli ingenti possedimenti di Tito Statilio Tauro furono poi divisi a favore di due liberti imperiali, Pallante ed Epafrodito, per essere successivamente inglobati da Gallieno, nel III secolo, ai contigui Horti Liciniani di sua proprietà. Dall’area degli Horti Tauriani, nel corso di scavi e sterri condotti in modo disordinato nel XIX durante la costruzione della Roma umbertina post-unitaria, sono venuti alla luce numerosi reperti archeologici, che oggi fanno parte delle collezioni dei Musei Capitolini, sistemati nella sala detta appunto degli Horti Tauriani.

[11] La metempsicosi, cioè la trasmigrazione delle anime, è una credenza legata alla filosofia Pitagorica, che ritroviamo nella Basilica, ove questo tema si ritrova anche nei cicli mitologici di contesto orfico e dionisiaco che rinveniamo negli stucchi delle volte, come quello di Saffo, di Ganimede, delle Leucippidi etc. Si tratta di decorazioni a stucco duro, ottenute mescolando grassello e polvere di marmo, lasciate intenzionalmente in bianco perché questa doveva essere la cifra estetica di un ambiente improntato ad una purezza della linea non disturbata o distolta da superflui cromatismi. Bianca era anche per tradizione la veste dei Pitagorici. da arch. Renato Santoro La basilica neo-pitagorica di Porta Maggiore in Roma

 

BIBLIOGRAFIA

F. FORNARI, E. GATTI, Brevi notizie relative alla scoperta di un monumento sotterraneo presso Porta Maggiore, in “Notizie degli scavi”, Roma 1918, pp. 30-52

Salvatore Aurigemma, La basilica sotterranea neopitagorica di Porta Maggiore in Roma. Guida, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 1975, ISBN 978-88-240-3106-6.

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J. BOUSQUET, Les confrères de la Porte Majeure et l’arithmologie pythagoricienne, in “Revue des Études Grecques”, 1951, pp. 466-471

G. BENDINELLI, Il Mausoleo Sotterraneo altrimenti detto Basilica di Porta Maggiore, Roma 1923; Il monumento sotterraneo di Porta Maggiore in Roma, in “Monumenti antichi”, Regia Accademia Nazionale dei Lincei, vol. XXXI, Roma 1927 pp. 601-859

J. CARCOPINO, Études romaines. La basilique pythagoricienne de la Porte Majeure, L’Artisan du livre, Paris 1927 (ristampa 1943)

J. HUBEAX, La “fatale” basilique de la Porta Maggiore, in “L’antiquité classique”, vol. 1, n. 1. 1932, pp. 375-394

H.M.R. LEOPOLD, La basilique souterraine de la Porta Maggiore, in “Mélanges de l’école française de Rome”, vol. 39,‎ 1921, pp. 165-192

S. AURIGEMMA, E. ORLANDINI, L’isolamento e il risanamento della basilica sotterranea neopitagorica di Porta Maggiore, in “Ingegneria ferroviaria”, anno VIII, n. 12, dicembre 1953, Collegio degli ingegneri ferroviari italiani, Roma 1953, pp. 857-876

S. AURIGEMMA, La basilica sotterranea neopitagorica di Porta Maggiore, Libreria dello Stato, Roma 1954; Istituto poligrafico dello Stato, Roma 1961, sec. ed. 1974)

Gran Maestro

Il Ser.·.mo Fr.·. Domenico Vittorio Ripa Montesano.·. è nato in un'antica Famiglia con ininterrotti Tramandi Iniziatici e Massonici, giunti alla quarta generazione. Iniziato all’Arte Reale in giovanissima età, ha ricoperto ruoli apicali nell’Istituzione rivestendo prestigiosi crescenti incarichi, che lo hanno portato oltre un decennio fa a giungere al Grande Magistero. Attivo in numerosi Cenacoli Iniziatici Nazionali ed Internazionali, con l’unanime supporto dei Fratelli, Governa dalla sua Fondazione la Gran Loggia Phoenix degli A.·.L.·.A.·.M.·. Scrittore, Saggista e relatore in numerosi convegni nazionali, è autore di molteplici pubblicazioni e studi esegetici sui Rituali della Massoneria degli A.·.L.·.A.·.M.·. . Cura la Collana "Quaderni di Loggia" per la Casa Editrice Gran Loggia Phoenix® da lui Diretta.

Facta non Verba

"FACTA NON VERBA" è la Divisa* della Gran Loggia Phoenix degli A.·.L.·.A.·.M.·. ed esprime sintetizzandolo un aspetto fondamentale della Nostra Filosofia di Vita, che diviene un abito mentale da riverberare positivamente anche una volta usciti fuori dalle Colonne.


* E’ il Motto tracciato su un cartiglio. Nel Nostro Stemma Araldico in lettere Azzurre su nastro d’Oro, incorniciato e sorretto da due rami di Acacia. Esprime in maniera allegorica pensieri o sentenze, definite anche imprese araldiche. Nella Tradizione dell’aspilogia sono costituite di corpo (figura) e anima (parole).