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IL SATOR SPECULARE – Una memoria Templare od un quesito irrisolto ?

Questa volta Itinerari Latomistici si sposta in Molise in provincia di Campobasso, ed esattamente ad Acquaviva Collecroce,  un piccolo paese dell’entroterra, ubicato in una area delimitata dai fiumi Biferno e Trigno appartenente alla Comunità Montana Monte Mauro. Non vi sono molte tracce storiche sull’origine di questo borgo, ma un importante ritrovamento di reperti di età romana, tra cui un’epigrafe sepolcrale, ci testimoniano  una presenza antica su questo territorio. Sono invece maggiormente  attestate le frequentazioni del sito in epoca medioevale.

Fonti storiche,[1] ci tramandano che Acquaviva già nel 1093 era annoverata tra i feudi del Conte Odorisio di Sangro membro fondatore dell’Illustre Casata alla quale appartenne Don Raimondo di Sangro Principe di San Severo e Duca di Sangro[2]. La località viene inoltre menzionata in una Bolla Pontificia di Papa Bonifacio VIII (al secolo Benedetto Caetani) del 22 Settembre 1297[3], ove è confermato il conferimento papale del cenobio di Sant’Angelo in Palazzo, devoluto all’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme (l’Ordine Gerosolimitano,  che in seguito diverrà di Malta). La cospicua presenza di popolazioni slave è ampiamente testimoniata sin dal XVI secolo. Esse giunsero in Italia contemporaneamente alle comunità Albanesi, tra la fine del XV secolo e gli inizi del XVI secolo, provenienti probabilmente dalla Valle del fiume Narenta[4], nell’attuale Croazia e Bosnia ed Erzegovina[5]. Lo  štokava-ikava, il croato molisano è l’antica lingua, ed è tuttora parlata da alcuni residenti, unitamente all’italiano.

Nel XVI secolo le popolazioni croate diedero nuovamente vigoria al borgo, il cui centro di Collecroce era stato da tempo abbandonato. Il centro prese il nome di “Sant’Angelo in Palazzo” ed il governo del territorio appartenne all’Ordine di Malta fino al 1785. Nel 1809 il territorio fu assoggettato al Contado di Salerno, ed a seguire nel Distretto di Larino.

Una importanza significativa ha la Chiesa di Santa Maria Ester, nella quale è custodito un medievale quadrato del Sator, rinvenuto nella pieve. Molto raro per la sua impostazione speculare, forse fu riportato nel borgo in età Medioevale dal vecchio monastero di Sant’Angelo, oggi interamente distrutto.

La chiesa unica nel paese, fu rifondata nel 1715 sulla vecchia struttura preesistente[5] con i fondi devoluti dall’Ordine dei Cavalieri di Malta, come si può evincere dall’Emblema Araldico presente sull’imponente  portale in pietra.

L’opera di edificazione, fu realizzata da maestranze locali come attesta un’epigrafe coeva, che recita:

D.O.M. AEDEM HANC PENE LABENTEM RUINAEOUE PROXIMAM POPULARIUM PIETAS A FUNDÀMENTIS A.D. MDCCXV

“L’affetto dei popolani ricostruì dalle fondamenta questa Chiesa, quasi cadente e prossima a rovina, nell’anno 1715”.

La novella costruzione in pieno stile barocco ha fatto nascere numerose leggende, principalmente per quanto riguarda le particolari iscrizioni latine rimaste nel succorpo in prossimità dell’abside. La chiesa di Santa Maria Ester fu edificata nell’esatto centro del borgo  che si sviluppò intorno alla struttura religiosa. A seguire prese il nome di Acquaviva, in virtù delle abbondanti sorgenti d’acqua pura tuttora sussistenti, che approvvigionano ancora le numerose fontane del paese. La peculiarità di questo edificio sacro, è che presenta due facciate speculari,  uguali come forma e simmetriche.

Nella facciata principale rivolta verso il borgo vecchio, si palesa un imponente portale Barocco arricchito con fregi ornamentali simmetrici in pietra sormontato nella parte alta da un finestrone cieco.

La seconda facciata rivolta verso la piazza, non presenta ingressi od aperture, ed è adornata da un finestrone nella parte superiore e due piccole finestre poste ai lati, che riporta in alto ben visibile, la croce dei Cavalieri di Malta.

Entrambe le facciate sono tripartite con elementi architettonici, quali le tre paraste in pietra che corrispondono alle navate interne. Nell’interno la navata centrale presenta il maestoso e predominante Altare Maggiore, anch’esso di stile barocco realizzato nel 1780 interamente in marmo posto su tre gradini, con i Simboli ermetici della palma del martirio e del giglio della purezza.

Altri interessanti elementi ornano questa chiesa, il paliotto del Cristo risorto, la nicchia finemente decorata per l’esposizione del SS. Sacramento, sormonta il tabernacolo. Dietro l’altare Maggiore vi è l’antico coro ligneo che veniva utilizzato dai canonici durante le celebrazioni rituali. L’elemento però, che maggiormente ha catalizzato la nostra attenzione, è la presenza all’interno della struttura di due manufatti litici, che riportano il famoso quadrato magico conosciuto come SATOR.

Fino a non molto tempo addietro l’epigrafi erano collocate sui muri esterni della chiesa unitamente ad alcune vestigia antiche.

Il quadrato del Sator è ricorrente nei ritrovamenti anche archeologici. Rappresenta una iscrizione latina, in forma di quadrato magico, composta dalle cinque seguenti parole: SATOR, AREPO, TENET, OPERA, ROTAS.

La loro peculiarità risiede nella giustapposizione, che seguendo l’ordine indicato, dà luogo ad un palindromo, che consente di leggere la frase da sinistra a destra o viceversa, rimanendo identica.

Di testimonianze analoghe ve ne sono molte e non solo in Italia (come abbiamo documentato sul nostro articolo di Itinerari Latomistici relativo al Duomo di Siena del 22.2.218 ove abbiamo anche parlato della valenza del palindromo).

Ne sono stati rinvenuti esempi nei sotterranei della basilica di Santa Maria Maggiore in Roma, nelle rovine romane di Cirencester (l’antica Corinium) in Inghilterra, nelle rovine della fortezza romana di Aquincum in Ungheria, a Santiago di Compostela in Spagna, a Oppède in Vaucluse, a Puy-en-Velay, nella corte della Cappella di Saint-Claire, nella Certosa di Trisulti a Collepardo (FR), nel castello di Rochemaure (Rhône-Alpes),  a Riva San Vitale in Svizzera, solo per citarne alcune fra le più note.

La particolarità che rende quasi unico questo ritrovamento è legata al suo aspetto Speculare.

L’epigrafe del SATOR di Acquaviva appare nella sua forma inversa, ossia le cinque parole sono scolpite ad iniziare da ROTAS poi OPERA, TENET, AREPO  e SATOR.

Pertanto rispetto alla formula solita  SATOR, AREPO, TENET, OPERA, ROTAS la composizione è assolutamente inversa.

Non essendo un sito particolarmente noto, ad oggi non è stato oggetto di studi importanti od approfonditi, quindi rimane ancora un incognita sul perché di questa singolarità.

Qualcuno ha cercato di far risalire l’origine di queste Epigrafi ad antichi possedimenti Templari in Sant’Angelo in Palazzo, devoluti all’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme con Bolla Papale[7]. Un atto così perentorio, lascia trasparire una confisca di beni poi devoluti, aspetto che caratterizzò in un determinato periodo storico i possedimenti templari, che come ampiamente dimostrato passarono proprio all’Ordine Gerosolimitano, che a seguire divenne di Malta. A supportare questa tesi, è che atti analoghi furono inferti  in larga parte della cristianità a danno dei Templari. Lo specifico periodo storico, in quanto siamo nel 1297, non è però storicamente corretto poiché non siamo ancora in una fase di persecuzione Templare. Volendo essere precisi Il 14 settembre 1307 il re di Francia Filippo IV detto il Bello, inviò messaggi sigillati a ceralacca recanti le sue insegne a tutti i suoi balivi, siniscalchi e comandanti militari del Regno, ordinando l’arresto dei Templari e la confisca dei loro beni, che vennero eseguite contestualmente il venerdì 13 ottobre 1307. L’atto com’è noto  riuscì, in quanto fu astutamente avviata in contemporanea contro tutte le sedi templari di Francia.  I Cavalieri, convocati con la scusa di accertamenti fiscali, vennero tutti arrestati. Ma ciò avveniva sotto il papato di Clemente V, che salì al Soglio Pontificio nel 1305, quindi questo atto descritto, avvenne precedentemente.

Pertanto questa teoria vacilla, anche perché oltre alla presenza del SATOR (che comunque è presente anche in numerose vestigia romane), non vi sono prove concrete di questa presenza templare.

Viene pertanto spontaneo chiedersi perché queste Epigrafi siano speculari ?

Secondo quesito che viene naturale porsi è: perché rispetto alla maggior parte degli altri analoghi manufatti ritrovati, l’epigrafi del SATOR (che è probabile che provengano proprio da Sant’Angelo in Palazzo), appaiono grossolane con un fregio che richiama alle forme di pesci ed il disegno a lato del quadrato magico è realizzato in maniera molto approssimativa.

In risposta a questo quesito alcuni studiosi anche locali sostengono una teoria plausibile, ma assolutamente priva di riscontri storici la quale vuole che:  “l’epigrafe del SATOR provenga proprio da Sant’Angelo in Palazzo e fosse stata utilizzata dai Templari quale insegna indicante che in quel luogo si svolgeva un’attività particolare, l’archiviazione di importanti documenti oppure qualcosa di più prosaico, forse la custodia di parte delle ingenti fortune dell’Ordine. Quindi un simbolo puramente indicativo, un segnale attestante ai viandanti “informati” che in quel luogo era possibile reperire o depositare contanti. Oggi la chiameremmo “banca” [8].

Secondo questa tesi, gli epigrammi potevano indicare che l’attività svolta dai Templari in quel luogo, non fosse pertanto quella di depositare denaro ma di prestarlo, la funzione inversa, che giustificherebbe l’incisione speculare del SATOR.

Il prestare denari, semmai con tassi elevati, non era certamente un’attività ben vista dalla Chiesa di Roma. E’ probabile pertanto che, una volta ceduto il possedimento di Sant’Angelo in Palazzo all’Ordine di Malta, i Gerosolimitani abbiano voluto abbandonare la struttura e quindi cancellare qualsiasi ricordo connesso a questa attività.

In verità la traccia a noi non appare forte, anche perché assolutamente priva di riferimenti documentati e documentabili.

Un’altra tesi riportata da un Fratello di origini molisane, sostiene che come si tramanda in loco, che la chiesa fu realizzata con due facciate speculari in omaggio alle due Epigrafi anch’esse speculari, ma non abbiamo fonti indubbie per attestarlo.

L’unico dato inequivocabile, è che ad oggi non vi sono risposte che ci diano soluzioni storicamente accertabili.

Un’analisi del palindromo speculare, ci porta ad una sola riflessione certa, che qualunque sia la chiave di lettura tanto lineare, che anfibologa , che bustrofedica pur sempre disponendo le parole sulla matrice quadrata, si ottiene una struttura che ricorda ugualmente  quella dei quadrati magici di tipo numerico. Le cinque parole, benché speculari, si ripetono se vengono lette da sinistra a destra e da destra a sinistra, oppure dall’alto al basso o dal basso in alto. Rimane pertanto immutato, al centro del quadrato, la parola TENET, che analogamente forma una croce palindromica divenendo ugualmente l’asse del SATOR.

Questo indurrebbe ad una lettura Sferica del Simbolo[9], che però richiede l’uso di strumenti meno comuni.

 

Indirizzo: Chiesa di Santa Maria Ester ad Acquaviva Collecroce
Piazza Nicola Neri
86030 Acquaviva Collecroce (CB)

 

 

[1] Ciarlanti V.G. – Memorie historiche del Sannio – Isernia 1644

[2] Filiberto Campanile, L’historia dell’illvstrissima famiglia Di Sangro, Napoli, 1625.

[3] Les registres de Bonifacio VIII, a cura di G. Digard, M. Faucon, A. Thomas, R. Fawtier, Paris 1884-1935 (vedi anche la recensione di B. Hauréau, in Journal des Savants [1891], pp. 236-243, 301-307)

[4] La Narenta (in bosniaco Neretva) è un fiume della Bosnia ed Erzegovina e della Croazia, ha una lunghezza complessiva di 225 km, 203 dei quali sono in Erzegovina mentre i 22 km finali attraversano la regione raguseo-narentana in Dalmazia.

[5] Rešetar Milan, La colonie serbo-croate nell’Italia meridionale, 1911 (trad. italiana 1997)

[6] sempre di proprietà dell’Ordine di Malta, che all’epoca della ristrutturazione, si presentava troppo malmessa ed in precarie condizioni statiche per essere ristrutturata.

[7]   Les registres de Bonifacio VIII, a cura di G. Digard, M. Faucon, A. Thomas, R. Fawtier, Paris 1884-1935

[8] Di Paola D’Ortona C. – Sulle tracce dei Templari. I Cavalieri del Tempio dalla Terrasanta al Molise – Musagete ISBN-10: 8884600243ISBN-13

[9] Domenico Vittorio Ripa Montesano RITUALE IN GRADO DI MAESTRO MURATORE della Gran Loggia Phoenix degli Antichi Liberi Accettati Muratori – Roma 2010  Edizioni Gran Loggia Phoenix  ISBN 978-88-905059-3-5

Gran Maestro

Il Ser.·.mo Fr.·. Domenico Vittorio Ripa Montesano.·. è nato in un'antica Famiglia con ininterrotti Tramandi Iniziatici e Massonici, giunti alla quarta generazione. Iniziato all’Arte Reale in giovanissima età, ha ricoperto ruoli apicali nell’Istituzione rivestendo prestigiosi crescenti incarichi, che lo hanno portato oltre un decennio fa a giungere al Grande Magistero. Attivo in numerosi Cenacoli Iniziatici Nazionali ed Internazionali, con l’unanime supporto dei Fratelli, Governa dalla sua Fondazione la Gran Loggia Phoenix degli A.·.L.·.A.·.M.·. Scrittore, Saggista e relatore in numerosi convegni nazionali, è autore di molteplici pubblicazioni e studi esegetici sui Rituali della Massoneria degli A.·.L.·.A.·.M.·. . Cura la Collana "Quaderni di Loggia" per la Casa Editrice Gran Loggia Phoenix® da lui Diretta.

Facta non Verba

"FACTA NON VERBA" è la Divisa* della Gran Loggia Phoenix degli A.·.L.·.A.·.M.·. ed esprime sintetizzandolo un aspetto fondamentale della Nostra Filosofia di Vita, che diviene un abito mentale da riverberare positivamente anche una volta usciti fuori dalle Colonne.


* E’ il Motto tracciato su un cartiglio. Nel Nostro Stemma Araldico in lettere Azzurre su nastro d’Oro, incorniciato e sorretto da due rami di Acacia. Esprime in maniera allegorica pensieri o sentenze, definite anche imprese araldiche. Nella Tradizione dell’aspilogia sono costituite di corpo (figura) e anima (parole).