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Blog Itinerari Latomistici

Testimonianze Templari a Castelmezzano – Potenza

Carissimi Fratelli, gentilissimi Lettori, come consuetudine sospendiamo i nostri Architettonici Lavori con le Solenni Celebrazioni del Solstizio d’Estate per riaprirli Ritualmente a settembre; anche la nostra rubrica “Itinerari Latomistici” segue lo stesso iter per riprendere a settembre con Forza e Vigore e con qualche interessante novità.

Per chiudere questo ciclo vogliamo proporvi un articolo su Castelmezzano, prossimo a Pietrapertosa, in provincia di Potenza, un borgo arroccato sulle Dolomiti Lucane, carico di simboli che testimoniano la presenza Templare.

Castelmezzano e Pietrapertosa, in questi paesi, tra viottoli nella roccia e strapiombi meravigliosi, si nascondono affascinanti misteri legati al passato.

Castelmezzano all’epoca delle Crociate è stata un’importante tappa per i cavalieri che si recavano in Terra Santa. È possibile riscontrate tracce di questo rilevante passato nei simboli impressi sulla facciata dell’antica chiesa di Santa Maria dell’Olmo. Se Castelmezzano è legata ai Templari, Pietrapertosa ha un trascorso saraceno, testimoniato dalla struttura posta nel quartiere più antico conosciuto come l’ “Arabata”, dai resti dell’antica fortezza moresca costruita in cima alle rocce e da una festa che ogni anno, nelle notti d’estate, riconduce nei vicoli del borgo odalische, fachiri ed arcaici profumi lontani. La storia secolare di questo borgo è ancora presente carica di magia e suggestione. A Castelmezzano, in questo piccolissimo paesino le orme dei cavalieri Templari sono numerose, ma le ‘tracce del Graal’ nei piccoli centri del potentino non sono poche. D’altronde questa zona è ricchissima di grandi basiliche, caratteristica che intorno al 1150, costituì, secondo alcune teorie addirittura, l’origine del mutamento del nome della regione da ‘Lucania’ in ‘Basilicata’. Perché questa concentrazione di luoghi sacri in un’area interna dell’Appennino Lucano? E cos’altro lega quest’area ai Templari? Primo fra tutti è la probabile origine lucana di Ugo Dei Pagani, Fondatore dell’Ordine dei Cavalieri Templari nel 1118 che, secondo documenti certificati nel Codice Amarelli del 1600, sarebbe nato da Sigilberto ed Emma proprio in Basilicata, per la precisione a Forenza non molto lontano da Castelmezzano[1]. Inoltre la Basilicata è stata sede strategica e luogo di ristoro morale e spirituale per le truppe partecipanti alla Prima Crociata nel 1095, promossa da Papa Urbano II di Cluny che per sei anni soggiornò nella cittadina lucana di Banzi, sempre nell’area dell’Alto Bradano, ovvero del Parco Naturale di Gallipoli Cognato – Piccole Dolomiti Lucane.

Varie testimonianze, a partire dallo stemma del paese, confermano che questo borgo era una magione Templare. L’arma araldica raffigurante un cavallo nero montato da due cavalieri, un simbolo che riassume, in una sola immagine povertà, carità e la dualità spirituale, bianco e nero, bene e il male e ne è il l’emblema templare più noto unitamente alla Croce.

Castelmezzano si trova inoltre proprio all’interno di una catena montuosa, che la leggenda tramanda come racchiuso proprio nella grande coppa del Graal, che include l’intero borgo con all’interno una fonte ed un olmo, albero della vita, situati accanto alla suggestiva chiesa si S. Maria dell’Olmo.

Le sue origini sono comprese tra il VI ed il V secolo a.C., quando alcuni coloni greci penetrarono nella valle del Basento e fondarono il centro abitato di Maudoro, ossia ‘mondo d’oro’. Nel X secolo d.C., le invasioni saracene costrinsero la popolazione locale a fuggire e a cercare riparo tra le vette delle montagne e degli arabi che invadevano perniciosamente la zona.

Dopo l’occupazione longobarda, vi si insediarono i Normanni tra il XI ed il XIII secolo d.C. e vi costruirono un castello di cui sono ancora visibili una parte del muro di cinta, resti di mura rialzati sulla roccia, una cisterna per la raccolta delle acque meteoriche e la lunga e ripida scalinata scavata nella roccia, che oggi appare dopo secoli di storia decisamente consumata e logora. Seconda presenza Templare la troviamo nella suggestiva Scala verso il Cielo presente tra le rovine del Castello Normanno-Svevo. L’area del castello coincide con i luoghi fondativi del paese. Questa porta ad un probabile posto di vedetta, da cui era possibile sorvegliare la vallata del fiume Basento. O, forse, per gli amanti dei simboli apparirebbe come “una scorciatoia per il Paradiso”. Meno suggestivo è che la gradinata stretta e ripida verso il cielo è in verità il frutto di tagli nella roccia per asportare il materiale che servì alla costruzione della Basilica. Fu proprio dal nome del castello (Castrum Medianum, castello di mezzo) che ne derivò quello della cittadina, denominato così per via della sua posizione. Il Castello pare sia stato la residenza estiva di Federico II, unica sua abitazione ad avere all’interno una cappella.

Castelmezzano ha origini da un insediamento Militare Normanno chiamato Castrum Medianum ossia Castello di mezzo tra Pietrapertosa e Albano.

 

Ma gli elementi maggiormente misteriosi sono custoditi nella Chiesa Madre di S. Maria dell’Olmo, carica di simboli legati all’Ordine religioso-militare dei Cavalieri del Tempio, edificata nel XII secolo nei pressi di una sorgente e di un olmo, da cui prende il nome.

Si trova dunque accanto ad albero e acqua, due elementi di enorme carica simbolica, il primo è l’albero della vita e il secondo la fonte della vita.

Durante i lavori di ristrutturazione, sono stati scoperti una porta segreta ed un architrave triangolare che crea una croce templare a otto punte, una croce patente, iscritta in un cerchio che a sua volta circoscrive un altro cerchio. Si tratta del simbolo che i Cavalieri ap­ponevano come segno distintivo della loro identità e della loro presenza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Inoltre sopra l’ingresso abbiamo altri interessanti effigi simbolici: orsi, leoni, grifoni e soprattutto rose, altro elemento di precipua importanza da non trascurare.

 

Interessante è la Pala d’altare con all’interno una piccolissima effige della Madonna della Stella Mattutina, circondata da tre cornici, nella prima vi sono scolpite alcune scritte in latino ed in greco unitamente alla data di realizzazione dell’opera: A.I.D. 1117 ed una frase che fa da cornice al dipinto «Hic habtta boam elegie a stlia mtna – salmo 131» (qui abiterò perché l’ho scelto, o stella mattutina).

In ambienti più riservati, si tramanda che fosse una esplicita venerazione della Stella Mattutina tanto cara ai Templari, tramandata dalla Bocca all’orecchio, di Maestro in Maestro, invocazione che veniva pronunciata nell’istallazione di una nuova Magione dell’Ordine. Nella seconda cornice vi sono ai lati due donne che appaiono di stirpe egiziana. Sulle colonne vi sono piccoli volti misteriosi. Vi è in oltre una statua a sinistra identificata con Pietro l’eremita. Analizzando il simbolismo della Pala, notiamo che le cornici sono tre e si sa quanto questo numero fosse importante per i Templari che amavano raffigurare stelle a gruppi di tre, inoltre ricorda la figura della triplice cinta, mentre la data identifica la nascita e la diffusione templare.

Le donne egizie richiamano la Maddalena e la figura della Madonna nera legata a Iside ed al culto della Madre Terra.  La Stella del Mattino è da sempre stata identificata come Venere, perché è la stella più luminosa del cielo, non a caso viene sovente raffigurata dai Templari. Essa era molto amata dall’Ordine proprio perché il pianeta Venere corrispondeva al Femminino Sacro (Iside, Venere, Madonna e infine, Dea Madre).

Inoltre, all’interno dello stesso luogo di culto vi è una statua lignea in stile bizantino della Madonna con Bambino che come tutte le statue orientaleggianti richiamano più a Dee che a Marie Vergini vere e proprie. Addirittura qui sembra di essere di fronte a Hera, madre degli Dei Greci.
Invece che essere Cristo (come nell’iconologia più diffusa) è la Madonna ad avere in mano una sfera. Il cerchio in chiave ermetica, è stato da sempre considerato simbolo dell’etereo, del cielo, dell’aldilà, dell’Armonia Universale e quindi del tutto.

La Sfera nella Tradizione Pitagorica racchiude in se il simbolo della perfezione, alla quale la natura si ispira nel cercare di riprodurla, viene considerata infinita e divina. Anche molti popoli antecedenti al Cristianesimo vedevano il cerchio come metafora del divino. Gli omphalos o ombelichi del mondo, erano pietre perfettamente rotonde, così scolpite per unire il mondo materiale (pietra) con il mondo divino (sfera).
Ed ecco che il Cristo ha spesso in mano una sfera, concetto che ci tramandiamo dall’inizio della creazione. In questo caso in maniera inconsueta ed assolutamente rara è nella mano di Maria, una donna, una Dea, la Dea Madre, come ricordiamo amata e venerata dai Templari, perché Colei in grado di donare la vita attraverso il proprio ventre, che non a caso diventa per nove mesi una sfera perfetta. L’uovo è una sfera e lo è anche l’utero. La vita è divina.

Un’antichissima ricorrenza pagana tipica di Castelmezzano è quella dello “Sposalizio degli alberi”: un rituale affascinante e misterico che avviene nel mese di maggio, il mese della fertilità, e che vede l’innesto e l’unione dell’albero di cerro con un ceppo di agrifoglio, i quali vengono trasportati in un suggestivo corteggio dal bosco verso il paese per festeggiare il secolare evento. L’agrifoglio viene addobbato con nastri, coccarde e fiocchi e viene simbolicamente giunto al tronco, pronto per essere scalato dall’abitante più temerario.

[1] Si leggano in proposito gli studi del Principe Guglielmo Giovannelli Marconi

        

     

Gran Maestro

Il Ser.·.mo Fr.·. Domenico Vittorio Ripa Montesano.·. è nato in un'antica Famiglia con ininterrotti Tramandi Iniziatici e Massonici, giunti alla quarta generazione. Iniziato all’Arte Reale in giovanissima età, ha ricoperto ruoli apicali nell’Istituzione rivestendo prestigiosi crescenti incarichi, che lo hanno portato oltre un decennio fa a giungere al Grande Magistero. Attivo in numerosi Cenacoli Iniziatici Nazionali ed Internazionali, con l’unanime supporto dei Fratelli, Governa dalla sua Fondazione la Gran Loggia Phoenix degli A.·.L.·.A.·.M.·. Scrittore, Saggista e relatore in numerosi convegni nazionali, è autore di molteplici pubblicazioni e studi esegetici sui Rituali della Massoneria degli A.·.L.·.A.·.M.·. . Cura la Collana "Quaderni di Loggia" per la Casa Editrice Gran Loggia Phoenix® da lui Diretta.

Facta non Verba

"FACTA NON VERBA" è la Divisa* della Gran Loggia Phoenix degli A.·.L.·.A.·.M.·. ed esprime sintetizzandolo un aspetto fondamentale della Nostra Filosofia di Vita, che diviene un abito mentale da riverberare positivamente anche una volta usciti fuori dalle Colonne.


* E’ il Motto tracciato su un cartiglio. Nel Nostro Stemma Araldico in lettere Azzurre su nastro d’Oro, incorniciato e sorretto da due rami di Acacia. Esprime in maniera allegorica pensieri o sentenze, definite anche imprese araldiche. Nella Tradizione dell’aspilogia sono costituite di corpo (figura) e anima (parole).