Casino Mediceo di San Marco uno Scrigno Ermetico – Firenze
Parlare della Famiglia dei Medici di Firenze, da subito riporta alla mente mecenatismo, arte e fulgore di una città che grazie anche al loro contributo rappresenterà nell’immaginario collettivo il senso del bello e della cultura. Ciò mette una volta di più in evidenza il ruolo avuto da illustri famiglie della Nobiltà fiorentina quali mecenati non solo delle arti, ma anche delle scienze e della ricerca.
In questo articolo in seno a questo Blog, ci piace evidenziare anche il ruolo, spesso misconosciuto, dei Saperi Ermetici ed Alchemici all’interno della storia delle scienze in epoca moderna.
Già in passato nel 2012 presso la Galleria degli Uffizi di Firenze, si tenne l’importante mostra : “La Fonderia degli Uffizi: da laboratorio a stanza delle meraviglie”, un’esposizione dedicata all’alchimia ed alle arti la quale prese spunto dall’interesse e dal coinvolgimento della famiglia de’ Medici per l’alchimia durante il sedicesimo e il diciassettesimo secolo. La mostra evidenziò il ruolo fondamentale avuto dall’Arte Regia nello sviluppo delle scienze moderne, in particolare nell’ambito della chimica e della medicina. Numerosissimi medici e naturalisti praticavano quest’arte tra Cinque e Seicento.
L’allestimento rese visibile un percorso di analisi raggruppando una sessantina di opere dalla collezione del museo, annoverando dipinti, manoscritti, sculture, incisioni, e scritti relativi ad antichi rimedi spagirici unitamente a stampe illustrate d’epoca. Il percorso espositivo mise in evidenza il fecondo e secolare incrocio tra scienza, arte, alchimia e magia.
A questi aspetti Ermetici è legata la costituzione della Fonderia medicea, la quale fu edificata durante il Cinquecento per volere di Cosimo I (1519-1574) a Palazzo Vecchio e venne poi trasferita dal figlio, Francesco I (1541-1587), al Casino di San Marco divenendo un luogo in cui pittori, artisti, artigiani, spagiristi ed alchimisti si ritrovavano a poter sperimentare nuovi processi per produrre estratti dettati dalla farmacopea di allora, tinture e sperimentazioni alchemiche ai fuochi , così come esercitarsi nella produzione di porcellana, oppure ancora cercare nuovi metodi per la lavorazione del vetro e per plasmare i metalli e la materia.
La prima costruzione che si vede in questa zona è una Casa con corte e loggia confinante con il giardino di San Marco che appartenne a Lorenzo il Magnifico, ereditata da Ottaviano de’ Medici, discendente da un ramo cadetto della famiglia ma sposato con Francesca Salviati, discendente dal ramo primario dei Medici “di Cafaggiolo” e sorella di Maria Salviati, madre di Cosimo I. Ottaviano, aveva acquistato la proprietà dalla Compagnia di Tessitori di Drappi, che aveva sede nella vicina Loggia dei Tessitori , ma a causa di un forte debito con il tesoro dello Stato, Ottaviano fu costretto a cedere il palazzo, che venne incamerato nei beni del Duca Cosimo I.
Passato a suo figlio Francesco I de’ Medici, egli fece ricostruire la dimora a Bernardo Buontalenti, secondo la moda allora dominante dei “Casini” o Ville di città.
L’edificio fu iniziato nel 1570 e terminato nel 1574, in una zona che, sebbene all’interno delle mura e a pochi passi da palazzo Medici, era ancora caratterizzata da una bassa urbanizzazione. Il Buontalenti creò fantasiose decorazioni tipiche dell’inquieto periodo del manierismo: mascheroni grotteschi ed elementi zoomorfi si affacciano inaspettatamente dagli elementi architettonici, ciascuno con un preciso significato simbolico ed allegorico. L’idea di Francesco era quella di disporre di un luogo dove dedicarsi liberamente alla sua passione verso le scienze ermetiche e la sperimentazione. Di fatto divenne una versione molto strutturata del celebre studiolo di Palazzo Vecchio (al quale dedicheremo un approfondito articolo a seguire).
Giovanni Stradano, Il laboratorio dell’alchimista
(l’uomo a lavoro in basso a destra è lo stesso Francesco I de’ Medici)
Il fecondo e secolare incrocio tra scienza, arte, alchimia e magia, che da tempo affascinava gli esponenti più di spicco di questa importante casata, portò alla costituzione della Fonderia medicea, fondata durante il Cinquecento per volere di Cosimo I (1519-1574) a Palazzo Vecchio, che venne trasferita dal figlio, Francesco I (1541-1587), al Casino di San Marco divenendo un luogo di sperimentazione e ritrovo per consentire ad artisti, artigiani e pittori, selezionati con cura dal Granduca, di poter predisporre questo Scrigno Ermetico, ove poter con la dovuta riservatezza, fuori dal clamore del centro della Signoria poter mettere all’Opera la valente selezione di Ermetisti, Alchimisti e Spagiristi del quale Francesco I amava contornarsi e confrontarsi per approfondire i suoi Studi.

Dalle ricerche che egli amava condurre personalmente, riflesso degli interessi alchemici del “princeps faber”, emerse un risultato sorprendente poiché in occidente grazie ai suoi studi e sperimentazioni, prese vita la produzione di porcellana grazie al supporto del Buontalenti, il quale sviluppò la tecnica di quella che verrà ricordata come porcellana Medici, il primo rifacimento “a pasta molle” dell’antichissima porcellana cinese eseguita in Europa. Furono ricercati nuovi metodi per la lavorazione del vetro e per meglio plasmare i metalli e la materia. La villa era destinata ad un uso prettamente scientifico, di laboratorio, per cui non necessitò di eccessive decorazioni, pur mantenendo il fascino ed il prestigio di una dimora Granducale.
Sulla facciata, intonacata e severa, risalta il bellissimo complesso centrale formato da portone e terrazza, esemplare nel repertorio architettonico figurativo del Buontalenti.
Un portale con accartocciamenti quasi cartilaginei, mensole inginocchiate con teste e zampe animalesche, conchiglioni di pietra e festoni appesi sotto le balaustre inginocchiate, musi di ariete messi in conclusione delle mostre verticali di finestre, una bertuccia che emerge da sotto le valve di una lignea conchiglia (a figurare il passaggio dall’elemento inanimato a quello animato) stanno a rispecchiare le inclinazioni eccentriche e rivolte alla ricerca e sperimentazione del Gran Duca, e a simboleggiare le attività Ermetiche, che si svolgevano entro questa elitaria “officina’”. Nel suo fascino misterico, rappresentava il tipico luogo di sapere dell’epoca ancora a metà strada tra le scienze sperimentali e quelle occulte, fu frequentato da diversi studiosi e venne costituita una ricca biblioteca con accurata ricerca di testi specifici in ambito ermetico di immenso valore, oggi quasi interamente confluita nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.
Alla morte di Francesco I anche questa tenuta rientrò nell’appannaggio del fratello Ferdinando I de’ Medici e dal 1588 ospitò per un periodo l’Opificio delle Pietre Dure.
Successivamente Ferdinando concesse la proprietà al nipote don Antonio , in cambio della rinuncia ai suoi diritti dinastici. Don Antonio vi si trasferì dal 1597, commissionando numerosi abbellimenti interni e nel giardino: risalgono a quel periodo una serie di statue di Giambologna, oggi in vari musei. A quell’epoca venne curato anche il giardino, con statue, fontane e grotte. All’interno venne anche allestito un piccolo teatro privato.
Nel 1623 passò, dopo la morte di Antonio, al cardinale Carlo de’ Medici, che promosse una serie di lavori su progetto di Gherardo Silvani, e un ciclo di affreschi decorativi a cura di un gruppo d’artisti fiorentini. A questi lavori di pittura, iniziati nell’autunno del 1621 e conclusisi nel luglio 1623, presero tra l’altro parte Anastasio Fontebuoni, Michelangelo Cinganelli, Fabrizio Boschi, Matteo Rosselli, Ottavio Vannini e, tra gli aiuti, Bartolomeo Salvestrini, Giovanni Battista Vanni, Jacopo Confortini, Domenico Pugliani e Jacopo Vignali.
Alla morte del cardinale Carlo l’edificio pervenne a Cosimo III, il quale si disinteressò dell’edificio spogliandolo degli arredi e consegnandolo ad un’inesorabile decadenza, come magazzino. Dopo molte vicissitudini trovò una collocazione di pubblica utilità. Attualmente è sede della Corte d’Assise e d’Appello e l’incuria del tempo ed i successivi cambi di destinazione non hanno lasciato evidenti testimonianze dell’importante attività ermetica e di ricerca che vi si svolse nel corso della sua importante e prestigiosa storia.