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Blog Itinerari Latomistici

La Statua del Nilo, Napoli culla dell’Ermetismo Occidentale

Duemila anni fa, nella Napoli greco-romana, era presente una numerosa comunità egizia, costituita soprattutto da mercanti e frequentata da viaggiatori che generavano flussi commerciali e culturali con l’Egitto.

Questa nutrita Comunità Egizia, prevalentemente di origine Alessandrina, si stanziò primariamente nella zona dei campi Flegrei e nelle vicinanze dell’attuale Piazzetta Nilo e nell’adiacente Vico che oggi viene denominato Purgatorio ad Arco. Pare che fossero così numerosi che quella contrada fu detta “degli Alessandrini”.

Il gruppo di Alessandrini estremamente eterogeneo per ceto, cultura e fascia d’età si integrò armonizzandosi con il tessuto sociale e ben fu accettato dai napoletani che presto definirono la comunità dei “Nilesi”, i quali portarono dall’Egitto Tradizioni Ermetiche, religiose e profondi Tramandi Iniziatici.

I Nilesi vollero erigere una statua di una importante valenza simbolica che ricordasse il fiume Nilo, da sempre presente nella cultura egizia in qualità di divinità portatrice di prosperità e ricchezza, tramandando così l’importante ed ancestrale Ritualità dedicata ad Iside, la dea degli Iniziati, e ad Osiride.

Questa comunità, che praticava i culti segreti dedicati alla dea Iside, dette l’avvio a tutta la millenaria tradizione Esoterica, Ermetica ed Alchemica da sempre  fortemente presente nella città di Napoli, ereditata a seguire dalla comunità Rosa+Croce che nella città partenopea vide[1] la propria Luce, dalla Massoneria, infatti proprio a Napoli nel 1728 nacque la prima Loggia in Italia e da altre ristrette Confraternite.

Una traccia fra le più evidenti lasciata dalla comunità Egizia in Napoli è la Statua del dio Nilo, situata in largo Corpo di Napoli, nei Decumani.
La statua, edificata dalla comunità alessandrina nel secondo secolo dopo Cristo in epoca romana proprio nel luogo dove si trova attualmente, è una copia di un precedente originale di epoca greca.

Questa scultura ha avuto una storia piuttosto tribolata.

Probabilmente a causa dell’ostilità della religione ufficiale, ad un certo punto la statua fu rimossa e fu ritrovata solo intorno alla metà del secolo XIII, in occasione degli scavi delle fondamenta del Seggio (Sedile) di quella zona di Napoli, il Seggio del Nilo. Questo ritrovamento è testimoniato da numerose opere letterarie[2].

Successivamente la statua scomparve nuovamente e se ne persero le tracce, finché, nel 1476, fu riscoperta in seguito ai lavori di abbattimento del Seggio del Nilo, del quale se ne era deciso lo spostamento.

La statua fu ritrovata senza testa e ciò ingenerò un equivoco: fu interpretata come il corpo di una donna, soprattutto per la presenza di un bambino che sembrava allattarsi al seno materno e fu denominata “Corpo di Napoli”, cioè la città madre che allatta i propri figli.

Successivi scavi con vari ritrovamenti fecero poi comprendere che si trattava proprio dell’antica statua del dio Nilo, ma la piccola piazza conservò, e conserva tuttora, il nome di largo Corpo di Napoli.

Solo nel 1657 fu aggiunta al corpo della statua la testa di un uomo barbuto, vi fu applicata la cornucopia e fu inserita in basso a destra del blocco scultoreo la testa di una piccola sfinge, proprio per ribadire il vero significato Simbolico-Esoterico della statua.

Infine nel 1714 fu posta l’iscrizione sotto la scultura : “Gli edili dell’anno 1667 provvidero a restaurare e ad installare l’antichissima statua del Nilo, già eretta dagli Alessandrini residenti nel circondario come ad onorare una divinità patria, poi successivamente rovinata dalle ingiurie del tempo e decapitata, affinché non restasse nell’abbandono una statua che ha dato la fama a questo quartiere. Gli edili dell’anno 1734 provvidero invece a consolidarla e a corredarla di una nuova epigrafe, sotto il patronato del principe Placido Dentice”.

Nel 1953 poi fu rubata la testa della sfinge che rimase così decapitata per 60 anni, finché nel 2013 fu ritrovata in Austria e successivamente riportata a Napoli e rimessa al suo posto.

Riassumendo, del dio Nilo che vediamo oggi, le parti originali risalenti al secondo secolo dopo Cristo sono il tronco, le gambe coperte dal velo, il braccio e la mano sinistri, il corpo della sfinge e le onde sottostanti ed un coccodrillo (privo della sua testa mai più ritrovata), che per chi ne comprende il velato valore simbolico è di assoluto interesse Ermetico.

Custodito sotto un triangolo che vede un immaginario collegamento fra i tre siti collocati al centro della Napoli Misterica ed Ermetica, permane un segreto antico tramandato ininterrottamente da altissimi Iniziati quali don Raimondo di Sangro Principe di San Severo, il Conte Pietro d’Aquino ed il Principe Cantelmo Struart della Roccella unitamente ad altre affascinanti figure di Ermetisti Napolitani. Un importante tramando Iniziatico proveniente dall’antico Egitto, ed è ancora ininterrottamente custodito fino ai nostri giorni in un antico Ordine Ermetico quale il Rito Egizio Tradizionale, creato nel 1747 dal Principe di San Severo nel suo avito Palazzo di Vico San Domenico Maggiore in prossimità della Statua del Nilo.

Recenti studi compiuti sulla sua natura Ermetica portano a testimoniarci che a Napoli si verificò una fusione tra il Sapere Pitagorico ed i Misteri Egizi, tramandato in Cenacoli Alchemici nel corso dei secoli.

Un Omphalos sapienziale, che ricordava antiche vicende: quella di Giordano Bruno, domenicano eretico che in quel convento  subì le prime accuse; quella del Principe Raimondo di Sangro,  Alchimista e Fratello Massone fondamentale nella storia ermetica del ‘700 napoletano, e quella dell’antico Tempio di Iside, sede di riti officiati dai sacerdoti della comunità alessandrina insediatasi a Napoli nei primi secoli dell’Era Volgare.

Il collegamento pertanto oltre che simbolico è anche reale, come lo sono i profondi tramandi che attraverso quella comunità di Ermetisti che potremmo  definire Schola Alchemica Napolitana come ulteriori recenti studi tendono a definirla, al fine di inquadrarne l’importanza sapienziale ed operativa custodita nel corso dei Secoli.

L’Egitto pertanto è stato la culla della tradizione esoterica anche occidentale. Le forti valenze simboliche delle divinità egizie, il loro collegamento con i pilastri della Tradizione, il Sole, la Luna, la Terra, l’Uomo, tutto il sistema di pensiero della vita e della morte che gli Egizi avevano, appartiene indissolubilmente alla Tradizione Esoterica Occidentale.

E’ innegabile l’influenza delle dottrine Ermetiche ed Alchemiche dell’Antico Egitto sull’esoterismo ebraico-cristiano e sugli Ordini Iniziatici e Massonici; buona parte di quel sistema di pensiero si è riversato nel Rito Egizio Tradizionale nato a Napoli nel 1747.

Napoli fu anche l’Atanor, dove si generò la forma più importante e strutturata della Massoneria nel Regno Borbonico. Prese forma e crebbe il sistema degli Alti Gradi, che generò nel pensiero del Di Sangro un profondo cambiamento.

Don Raimondo di Sangro Principe di San Severo, fu la massima espressione del Pensiero Ermetico del ‘700 nel Regno di Napoli ed uno dei più illustri pensatori d’Europa.

Il suo percorso Liberomuratorio significativo e ricco di molteplici sviluppi, ben presto lo designò alla guida della prestigiosa Massoneria Napolitana.

In quel tempo esistevano a Napoli tre Logge, la Di Sangrola Carafa, la Moncada.

Il Principe quindi il 10 dicembre del 1747 nel suo Palazzo, creò un “Cerchio Interno” (rispetto alla Loggia Perfetta Unione nata a Napoli nel 1728 per mezzo di una Deputation conferita con Regolarità dalla Gran Loggia di Londra, della quale il Di Sangro ne era il Venerabile Maestro) composto da Fratelli più innanzi sul Cammino dell’Arte Regia, selezionandoli fra Massoni Aristocratici ed appartenenti ai ranghi più elevati della gerarchia militare, unitamente ad esponenti all’alta Nobiltà legata alla corte e da questo Cerchio Interno prenderanno vita agli Arcana Arcanorum.

Il Cerchio Interno del Rito Egizio Tradizionale, si riuniva in maniera molto riservata nell’Avito Palazzo del Principe di Vico San Domenico Maggiore.

Questo “Cenacolo Iniziatico”, che univa i migliori Ermetisti del Regno, prese il Titolo Distintivo “Rosa d’Ordine Magno“.

Il Cenacolo, era destinato esclusivamente a quanti avessero significative nozioni Ermetiche, volto a praticare una strutturata forma di Massoneria fortemente Operativa, la quale arricchita di un celato simbolismo e colma di molteplici aspetti Rituali vicini al mito Osirideo, generò il primo nucleo Iniziatico della nascente Massoneria Egizia.

All’interno del Cenacolo erano presenti  figure di spicco quali il suo primogenito il Duca Don Vincenzo di Sangro, il Barone di Tschudy, Don Paolo d’Aquino, Principe di Palena ed altri Illustri Fratelli quale il Principe di Tricase, il Duca di Capodichino, il Principe Michelangelo Caetani, tutti legati da un rapporto Sottile oltre che di Sangue con il Principe Don Raimondo

Questo sistema Massonico ristretto, nelle sue forme più complete e perfezionate, giungerà fino ai nostri giorni nell’arco dei secoli, ininterrottamente per continua Trasmissione Iniziatica, mantenendo la denominazione di Rito Egizio Tradizionale alla quale nel tempo si perfezionerà la dicitura con l’aggiunta di Sovrano Gran Santuario di Heliopolis sedente in Napoli.

Don Raimondo di Sangro svincolandosi da un Cammino che da Massonico, rischiava di divenire meramente associativo, ne creò uno fortemente Operativo e Trasmutatorio continuando così il suo Grande Magistero in seno al Rito Egizio Tradizionale. Insieme ai suoi Discepoli darà vita alla “Scala di Napoli” una via Operativa Tradizionale, giunta fino ai nostri giorni in un ininterrotto tramando Iniziatico[3], la quale nel tempo ispirerà molteplici filoni, che si svilupperanno fra Lione, Bordeaux e Parigi generando nei lustri nuove importanti realtà Massoniche, che si diffonderanno nei due Emisferi.

Il Rito Egizio Tradizionale affonda le sue profonde radici in una città che rappresenta l’omphalos ed il crocevia dell’Iniziazioni Ermetiche mediterranee, Napoli. Città che sin dalla sua fondazione è strettamente legata a numerose forme di esoterismo dettate da apporti sapienziali, ermetici e docetici, che giungevano dall’antico Egitto, passando per la Pitagorica Schola Italica e corroborati dall’apporto cabalistico, trasmesso nel tempo da comunità di ebrei presenti nell’area del golfo.

 

 

[1] A. Boella, A. Galli dell’Aurea Rosacroce. Documenti inediti sulle sue origini italiane. Trascrizione del manoscritto napoletano del 1678 – Edizioni Mediterranee – Collana: Biblioteca ermetica – Roma 2013 – EAN: 9788827222591

[2] I “sedili” di Napoli erano le divisioni amministrative della città ed i “seggi” le loro sedi amministrative.

[3] A Cura del Sovrano Gran Hyerophante Generale e Gran Maestro Fratello LOGOS, “Rito Egizio Tradizionale Storia Riti e Miti”- Ed. Riservata Napoli 7 Luglio 2017 – ISBN 9788894296433

Gran Maestro

Il Ser.·.mo Fr.·. Domenico Vittorio Ripa Montesano.·. è nato in un'antica Famiglia con ininterrotti Tramandi Iniziatici e Massonici, giunti alla quarta generazione. Iniziato all’Arte Reale in giovanissima età, ha ricoperto ruoli apicali nell’Istituzione rivestendo prestigiosi crescenti incarichi, che lo hanno portato oltre un decennio fa a giungere al Grande Magistero. Attivo in numerosi Cenacoli Iniziatici Nazionali ed Internazionali, con l’unanime supporto dei Fratelli, Governa dalla sua Fondazione la Gran Loggia Phoenix degli A.·.L.·.A.·.M.·. Scrittore, Saggista e relatore in numerosi convegni nazionali, è autore di molteplici pubblicazioni e studi esegetici sui Rituali della Massoneria degli A.·.L.·.A.·.M.·. . Cura la Collana "Quaderni di Loggia" per la Casa Editrice Gran Loggia Phoenix® da lui Diretta.

Facta non Verba

"FACTA NON VERBA" è la Divisa* della Gran Loggia Phoenix degli A.·.L.·.A.·.M.·. ed esprime sintetizzandolo un aspetto fondamentale della Nostra Filosofia di Vita, che diviene un abito mentale da riverberare positivamente anche una volta usciti fuori dalle Colonne.


* E’ il Motto tracciato su un cartiglio. Nel Nostro Stemma Araldico in lettere Azzurre su nastro d’Oro, incorniciato e sorretto da due rami di Acacia. Esprime in maniera allegorica pensieri o sentenze, definite anche imprese araldiche. Nella Tradizione dell’aspilogia sono costituite di corpo (figura) e anima (parole).