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Blog Itinerari Latomistici

Ermete Trismegisto e Le Tarsie Marmoree del pavimento del Duomo di Siena

Nel 1568 Giovanni Vasari lo definì:

 « …Al più bello et al più grande et magnifico pavimento che mai fusse stato fatto… »

 

La Cattedrale di Santa Maria Assunta a Siena, costruita prevalentemente in stile romanico-gotico, è famosa per il suo pavimento caratteristico ed enigmatico, costituito da “pietre tassellate”: le tarsie marmoree di colori particolari e sapientemente accostate, attraverso le quali prendono forma figure e temi.

Un progetto decorativo che è durato sei secoli, dal Trecento fino all’Ottocento e che si compone di più di 60 scene, realizzate da oltre 40 artisti (Bernardino di Betto detto il “Pinturicchio”; Domenico di Bartolo; Stefano di Giovanni di Consolo detto il “Sassetta”; Matteo di Giovanni; Domenico Beccafumi).

Questo magnifico monumento rinascimentale presenta uno dei pavimenti intarsiati più belli che si possono trovare, ma ad un occhio attento risulta anche uno dei più strani.

All’interno della chiesa ci si aspetterebbe di trovare raffigurazioni delle sacre scritture, invece nel Duomo di Siena troviamo raffigurati personaggi mitici che con il cristianesimo non sembrano avere nulla a che fare, quali le Sibille ed Ermete Trimegisto.

Inoltre, in una incredibile convivenza di elementi pagani e cristiani, nella parete del Duomo che guarda il Palazzo Arcivescovile, c’è anche il famoso “Sator”, una scritta ermetica e palindroma, altrimenti detto “quadrato magico”, che è un insieme di cinque parole composte a loro volta da cinque sillabe: SATOR, AREPO, TENET, OPERA e ROTAS. Il  detto “quadrato magico” è visibile anche su un numero sorprendentemente vasto di reperti archeologici, sparsi un po’ ovunque in Italia ed in Europa.

Fu il tedesco Friedrich Ohly il primo ad ipotizzare la presenza di un programma figurativo unitario portato avanti lungo il corso dei secoli e giunse alla conclusione che ogni scena del pavimento fa parte di una rappresentazione della Salvezza, e che tutto inizia con le figure di ebrei e pagani sul sagrato esterno, che, esclusi dalla salvezza, restano fuori dalla cattedrale.

 Ma tante sono le interpretazioni sia accademiche che esoteriche, soprattutto per quanto riguarda quelle tarsie marmoree realizzate tra il 1482 e il 1505 sotto la supervisione del Cavaliere Spedaliere Alberto Aringhieri (Rettore dell’Opera), ispirate all’Ermetismo Neoplatonico di Marsilio Ficino. A Siena infatti è ben documentata Tradizione Cavalleresca (la Spada nella roccia presso l’Abbazia di San Galgano e la presenza dei Crociati).

Che il pavimento del Duomo segua un percorso “esoterico” secondo una visione ermetica (nel senso di non “accessibile” a tutti) appare evidente nella prima delle tarsie che si incontrano partendo dall’ingresso, dove si trova il portale principale.
Si tratta di un percorso iniziatico di scoperta e conoscenza interiore, spirituale.

Un percorso che inizia con Ermete Trismegisto e trova la sua spiegazione nella tarsia del Colle della Sapienza.

Dopo la tarsia di Ermete Trismegisto, lungo la stessa navata, c’è la tarsia della Lupa che allatta i gemelli, unica figura realizzata a mosaico e probabilmente la più antica, che rappresenta Siena con i suoi alleati, poi la tarsia dell’Aquila Imperiale, quindi quella dell’Allegoria del Colle della Sapienza ed infine quella della Ruota della Fortuna.

 

PRIMA TARSIA: Ermete Trismegisto

Appena varcata la porta centrale troviamo, a simboleggiare l’inizio della conoscenza terrena, Ermete Trismegisto, che insieme alle dieci Sibille delle navate laterali fa parte del percorso ispirato alle Divinae Institutiones di Lattanzio.

Introduciamo questa tarsia con un breve accenno alla figura di Ermete Trismegisto, il “tre volte grandissimo”:
Ermete è un personaggio leggendario dell’età ellenistica, a volte considerato come una divinità altre volte considerato come un uomo, venerato come maestro di sapienza e ritenuto l’autore del Corpus Hermeticum o Hermetica.

Ad Ermete fu successivamente attribuita la fondazione di quella corrente filosofica nota come Ermetismo.

Nel suo complesso, la “letteratura ermetica” è una categoria di papiri contenenti incantesimi e procedure di iniziazione e per letteratura ermetica si intende un gruppo di scritti di argomento filosofico-religioso che circolarono nel mondo greco-romano nei primi secoli d.C.. Questi scritti facevano riferimento a una cosmogonia incentrata sulla creazione dell’uomo e sulle condizioni della sua liberazione spirituale attraverso la conoscenza.

Ermete fu fin dall’antichità accostato a Thot, presente nella tradizione egizia. Entrambi sono al servizio di una divinità superiore (Ermete è messaggero di Zeus, Thot è lo scriba di Osiride); Ermete è dio della parola e Thot è dio della parola e della letteratura; sia Ermete che Thot sono inoltre, nelle loro rispettive culture, gli dei della scrittura e della Magia. A seguito di un tale processo di assimilazione tra divinità greche ed egizie, avvenuto nell’atmosfera sincretistica dell’Impero Romano, Ermete Trismegisto divenne il dio rivelatore della verità e mediatore tra gli uomini e gli dei.

Nel Duomo, quindi, la figura di Ermete Trismegisto simboleggia davanti al portale centrale, l’inizio della conoscenza terrena in una Tarsia che viene ascritta al 1488 ad opera di Giovanni di Stefano.

E’ presente un cartiglio che rivela esattamente la sua identità:

HERMIS MERCURIUS TRIMEGISTUS
CONTEMPORANEUS MOYSI’

(Ermete Trismegisto, contemporaneo di Mosè)

Appena si entra nella chiesa ci troviamo quindi di fronte alla tarsia con una rappresentazione di Ermete Trismegisto che con una mano consegna a due figure, che rappresentano Oriente (uomo con il turbante) ed Occidente (uomo con la testa velata), un libro che riporta la scritta “Dedicatevi alle lettere e alle leggi, o Egizii” con l’altra mano regge una lapide con inciso uno scritto tratto dall’”Aclepio” (libro facente parte del Corpus Hermeticum):

“Deus omnium creator secum Deum fecit visibilem
et hunc fuit primum et solum quo oblectatus est et
valde amavit proprium Filuim qui appellatur Santum Verbum”

“Dio, creatore di tutte le cose, creò un secondo Dio visibile,
e questi fu il primo Dio che egli fece e il solo in cui
si compiacque: ed egli amò Suo Figlio, chiamato il Verbo Santo”

La scelta di porre all’ingresso della chiesa la figura di Ermete nell’atto di insegnare, segnala come al mitico mago si dovesse riconoscere la paternità della Filosofia Platonica e di rimando del Neoplatonismo cristiano.

Questa Tarsia, che ha uno spiccato richiamo all’antica Sapienza degli Egizi, suggerisce la lettura di una reale continuità tra la filosofia pagana e quella cristiana, un percorso che attraverso la ricerca instancabile della Saggezza riporterà l’uomo nella Luce superando l’oscurità ed il disordine.

L’interpretazione alchemica della Tarsia di Ermete, ci mostra come al suo interno si possono distinguere le tre fasi alchemiche: la Nigredo è rappresentata dallo sfondo nero, l’Albedo dalla presenza del bianco e la Rubedo dal colore rosso. Ed è in questo percorso iniziatico, sancito dalla prima “Tarsia di Ermete” e suggellato dalla tarsia del “Colle della Sapienza”, che si riflettono molti dei messaggi ermetici delle Tavole di Thot.

 

SECONDA TARSIA: La Lupa Senese e le Città Alleate

Segue un richiamo alla città di Siena, con le storie che simboleggiano Siena e le sue imprese, oltre che i suoi alleati, con la tarsia della Lupa Senese”.

Pare che questa sia la tarsia più antica, ascrivibile al 1373 e poi rifatta nel XIX secolo. In essa è stato mantenuto il lavoro a mosaico che la contraddistingue rispetto alle altre tarsie.

La Lupa che allatta i gemelli Seno ed Ascanio è racchiusa in un cerchio su fondo rosso, e sta a simboleggiare l’eredità di Roma.

Intorno, su fondo nero, poste in circolo vi sono le città alleate che costituivano a quel tempo la regione della Tuscia ed ogni città è rappresentata da un animale: Arezzo (il cavallo), Firenze (il leone), Lucca (la pantera), Orvieto (l’oca), Perugia (la cicogna), Pisa (la lepre), Roma (l’elefante), Viterbo (l’unicorno). Il tutto è racchiuso in un grande quadrato ai cui quattro angoli interni vi sono altre quattro città: Grosseto (il grifone), Volterra (l’aquila), Pistoia (il drago), Massa Marittima (il leone con i gigli).

Anche questa tarsia, con la sua iconografia, ci  riporta alla Grande Opera Alchemica sia per i colori nero, bianco, giallo e rosso, sia per i soggetti-simbolo che sono tutte metafore impiegate nell’Alchimia per appellare i “protagonisti” della Materia Filosofale.

 

TERZA TARSIA: L’Aquila Imperiale

Tarsia originale del XIV secolo, di autore ignoto, fu rifatta dopo il 1865.

La tarsia dell’Aquila Imperiale” è un’enorme ruota bianca su fondo nero ed iscritta in un riquadro a sfondo rosso, ripartita da colonnine che sorreggono archetti ad ogiva, al cui centro c’è un’Aquila Imperiale che riafferma la continuità con Roma e simboleggia il massimo potere civile medievale.

 

 

 

 

QUARTA TARSIA: Allegoria del Colle della Sapienza 

Più avanti nella navata centrale ritroviamo la tarsia del 1505 di Bernardino di Betto, detto il “Pinturicchio”, intitolata il “Colle della Sapienza”; una scena molto articolata in cui è rappresentato un percorso a spirale compiuto da un gruppo di dieci uomini per raggiungere la vetta di un monte dove li attendono una donna e due figure.

La donna al centro, La Sapienza, tiene un libro in una mano e nell’altra una palma (nell’iconografia cristiana la palma è l’emblema dell’immortalità raggiunta con il sacrificio ed è molto spesso attribuita ai martiri).

Il messaggio allegorico è racchiuso nel cartiglio sopra la Sapienza: la strada per giungere alla virtù è faticosa, ma chi persevera sarà premiato.

 

Huc properate viri: salebrosum scandite montem Pulchra laboris erunt premia palma quies.

Quale sarà la ricompensa al saggio che raggiungerà la vetta? La ricompensa sarà la palma della serenità

 

La Sapienza dona al personaggio alla sua destra, che è Socrate, un palma, mentre a quello alla sua sinistra, Cratete, consegna un libro chiuso.

Mentre Socrate (che tiene nella mano destra anch’egli un libro chiuso) è nell’atto di ricevere la palma, Cratete è nell’atto di riversare verso il basso (sopra la vela che ricopre il capo della Fortuna) un canestro pieno di oggetti preziosi.

Nell’interpretazione di questa tarsia: I “Savi” (coloro che ricercano la Verità), o forse gli “Iniziati”, che percorrono il sentiero, dovrebbero essere aiutati dalla Fortuna, simboleggiata dalla donna nuda a destra che tiene con la mano sinistra una vela gonfiata dal vento e con la destra la cornucopia dell’abbondanza. Il piede sinistro della Fortuna è tenuto su una imbarcazione malridotta (con la quale ha condotto qui i savi?), mentre il destro appoggia su una sfera (che è già sulla terraferma): immagine che in se stessa esprime chiaramente il carattere della Fortuna, e cioè incerto, imprevedibile, instabile e precario.

La presenza di Socrate secondo alcuni esperti potrebbe raffigurare un’esortazione al suicidio, frutto di una scelta filosofica, come ultima componente di una ricerca volta all’immortalità in linea con i principi gnostici alla base della filosofica catara.

Nelle raffigurazioni medievali spesso il libro era posto nelle mani di Dio a simboleggiare la sua Rivelazione, il suo Logos.

La scena sta quindi a simboleggiare le asperità che l’uomo deve superare per raggiungere l’immortalità e la pace divina, una coppia concettuale di squisita marca gnostica.

La tarsia del Colle della Sapienza ci racconta visivamente in cosa consiste questo cammino iniziatico di conoscenza.

La scena è ripartita su fondi di colore diverso: il bianco (il sentiero), il grigio (mare tempestoso), il nero (terra) il rosso (il colle della Sapienza).

 

QUINTA TARSIA: La Ruota della Fortuna

La tarsia della “Ruota della Fortuna”, sembrerebbe essere stata eseguita nel novembre 1372, rifatta nel ‘700 e completamente sostituita nel 1864-1865 da Leopoldo Maccari.

Il soggetto si rifà a un tema caro all’arte medievale, spesso rappresentato sulle facciate delle chiese. La ruota rappresenta le vicende umane, ed è raffigurata come un cerchio retto da otto colonne concentriche sulla sommità del quale si trova un re seduto in trono, con tre figure abbracciate alla ruota alle estremità inferiore, destra e sinistra. Il tutto è racchiuso da una cornice mistilinea che disegna una losanga al centro e quattro esagoni agli angoli, nei quali si trova la rappresentazione di quattro filosofi antichi: Epitteto, Aristotele, Euripide e Seneca. Ciascuno di essi impugna un rotolo con iscrizioni legate al tema della Fortuna.

La ruota oggi ha un aspetto legato al purismo ottocentesco, che ben si adatta al complesso del pavimento, ma il suo aspetto originale doveva essere più espressivo, simile forse a un’analoga rappresentazione di Domenico di Niccolò nel coro della cappella del Palazzo Pubblico, in cui i personaggi sono più satirici che moraleggianti, legati al motto che indica il mutare della sorte: “regno, regnabo, regnavi, sum sine regno”.

 

 

NAVATE: Le 10 Sibille 

Le navate laterali prefigurano la venuta di Cristo e ricordano le varie zone del mondo conosciuto; in esse sono raffigurate le dieci Sibille, ognuna con accanto un libro (cartiglio) con un riferimento all’avvento del salvatore trasformando in tal modo le veggenti pagane in profetesse cristiane ante litteram.

Nella navata destra: Delfica (ionica), Cumea (ionica), Cumana (italica), Eritrea (ionica), Persica (orientale)

Nella navata sinistra: Libica (italica), Ellespontica (ionica), Frigia (ionica), Samia (ionica), Tiburtina o Albunea (italica).

L’associazione libro/fanciulla nell’iconografia gnostica rappresenta la gnosi o illuminazione divina e questo sta ancora una volta a dimostrare come nel corso della sua storia il cristianesimo abbia attinto dalle religioni passate immagini e simboli.

 

Continuando il cammino lungo la navata centrale, si arriva al transetto, dove sono raffigurate le storie della rivelazione. L’esagono sotto la cupola mostra scene di sacrificio che rimandano alla celebrazione eucaristica dell’altare.

Ai lati ci sono invece le imprese militari del popolo ebraico cui si aggiunge la Strage degli Innocenti che è inoltre l’unica vicenda tratta da un Vangelo di Matteo, a differenza di tutte le altre rappresentazioni che sono basate su Vecchio Testamento e fonti classiche.

Nell’esagono, dove si trovano le storie di Elia e Acab ed in alcune tarsie vicino all’altare (Mosè fa scaturire l’acqua dalla roccia, Storie di Mosè sul Sinai e Sacrificio di Isacco) ha lavorato Domenico Beccafumi, perfezionando la tecnica del commesso marmoreo sino ad arrivare a ottenere risultati di chiaro-scuro. In questa parte ai marmi precedentemente utilizzati si aggiungono almeno due tonalità di giallo che illuminano le scene come in nessun altro punto della cattedrale. Gli interventi di Beccafumi si distinguono per l’espediente di non eseguire più le ombre col tratteggio ma grazie all’inserimento di marmi di diverse tonalità, ottenendo un effetto di grande plasticismo, grazie alla possibilità di creare effetti di luce e d’ombra e, quindi, di volume.

Concludono il percorso le Storie di Davide, che prefigura la figura di Gesù. Tra queste segnaliamo La morte di Assalonne, che appeso per i capelli a un albero fa pensare all’icastica iconografia di certe stampe giapponesi.

Non rientrano nel disegno generale, invece, le Virtù del transetto destro, opere tardo-settecentesche nate quando il significato complessivo delle storie era ormai andato perduto.

Tante altre sono le interpretazioni sia accademiche che esoteriche, di questo scrigno di tesori che è il Duomo di Siena, soprattutto per quanto riguarda quelle tarsie marmoree realizzate tra il 1482 e il 1505 sotto la supervisione del Cavaliere Spedaliere Alberto Aringhieri (Rettore dell’Opera) ed ispirate all’Ermetismo Neoplatonico di Marsilio Ficino. A Siena infatti è ben documentata Tradizione Cavalleresca (la Spada nella roccia presso l’Abbazia di San Galgano e la presenza dei Crociati).

 

ORARI SCOPERTURA PAVIMENTO

Cattedrale Feriali: 10:30 – 19:30
Cattedrale Festivi: 9:30 – 17:30

Ultimo ingresso mezz’ora prima l’orario di chiusura della cattedrale.
Gli orari potrebbero subire variazioni a causa di celebrazioni religiose.

https://operaduomo.siena.it/it/luoghi/pavimento/

 

Gran Maestro

Il Ser.·.mo Fr.·. Domenico Vittorio Ripa Montesano.·. è nato in un'antica Famiglia con ininterrotti Tramandi Iniziatici e Massonici, giunti alla quarta generazione. Iniziato all’Arte Reale in giovanissima età, ha ricoperto ruoli apicali nell’Istituzione rivestendo prestigiosi crescenti incarichi, che lo hanno portato oltre un decennio fa a giungere al Grande Magistero. Attivo in numerosi Cenacoli Iniziatici Nazionali ed Internazionali, con l’unanime supporto dei Fratelli, Governa dalla sua Fondazione la Gran Loggia Phoenix degli A.·.L.·.A.·.M.·. Scrittore, Saggista e relatore in numerosi convegni nazionali, è autore di molteplici pubblicazioni e studi esegetici sui Rituali della Massoneria degli A.·.L.·.A.·.M.·. . Cura la Collana "Quaderni di Loggia" per la Casa Editrice Gran Loggia Phoenix® da lui Diretta.

Facta non Verba

"FACTA NON VERBA" è la Divisa* della Gran Loggia Phoenix degli A.·.L.·.A.·.M.·. ed esprime sintetizzandolo un aspetto fondamentale della Nostra Filosofia di Vita, che diviene un abito mentale da riverberare positivamente anche una volta usciti fuori dalle Colonne.


* E’ il Motto tracciato su un cartiglio. Nel Nostro Stemma Araldico in lettere Azzurre su nastro d’Oro, incorniciato e sorretto da due rami di Acacia. Esprime in maniera allegorica pensieri o sentenze, definite anche imprese araldiche. Nella Tradizione dell’aspilogia sono costituite di corpo (figura) e anima (parole).